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La “comunicazione tossica”

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Si fa un gran parlare su vari siti e blog, di comunicazione politica manipolata, di “suggeritori occulti”, di complotti.

Seguono a ruota, per “restare sul pezzo” (selettivamente scelto) vari giornali e televisioni che sfornano questo o quel commentatore che si esprime e dice la sui metodi altrui.

La comunicazione diventa “tossica” quando viene strutturata non tanto secondo “tecniche retoriche” (che sono sempre esistite) ma da quando vengono utilizzati in maniera sistematica sistemi di manipolazione e di costruzione del messaggio.

Dopo la trasmissione “Piazza Pulita” in molti – anche del movimento 5 stelle – hanno chiesto che Grillo (o Casaleggio) parlassero e chiarissero… Questo mi da lo spunto per approfondire il tema.

Il sistema di comunicazione importato da Casaleggio – e che esiste da una ventina di anni, ovvero da quando la rete nel resto del mondo ha cominciato interattivamente a svilupparsi, in particolar modo con listserver, chat, gruppi di discussione e poi blog – segue piccole e semplicissime regole, che è bene dire, anche per “riconoscerle”.

I temi
I temi trattati non possono essere “spontanei”, perché devono essere svolti in una direzione precedentemente stabilita. Per fare questo vanno “testati” – non solo per argomenti, ma anche nella scelta delle parole, nella sintassi e nella semantica – affinchè successivamente possano essere “aggreganti”.

È quello che su twitter è conosciuto come “hash tag” – che in maniera immediata individua e crea un gruppo di discussione e un tema e aggrega le persone in un “luogo”. Nello specifico, vengono creati dei “luoghi di discussione paralleli”, cadoinpiedi, tzetze (questi due siti non esistono più), chiarelettere, in cui lanciare temi ed argomenti, simili ma semanticamente declinati in modo differente.

Si comprende come e quale sia quello di maggiore aggregazione e soprattutto con maggiore capacità aggregante, si formula un messaggio semplice, e lo si rilancia in maniera massiccia sul “portale principale”.

Il “nuovo messaggio” parte dalla massa critica già raccolta di utenti che hanno partecipato precedentemente, che in maniera consapevole (pochi e i primi) rilanciano, e gli altri, di conseguenza, attraverso un sistema di sarin diretto (condividi sui social network ad esempio) o indiretto (mi piace, retwitt, commento indicizzato…)

I temi trattati diventano anche “parole tag a incrocio semantico”. Il che significa, nel linguaggio degli algoritmi usati dai motori di ricerca, dagli rss, dai feeds, e così via, che su ognuno dei temi chiave avverrà l’incrocio immediato (per rilevanza, data da rilanci condivisioni e commenti) tra il sito/blog/autore e il tema trattato. Nello specifico, è immediato che sui temi caldi, e più sentiti dalle persone, e più ricercati in rete, automaticamente apparirà che quel blog ne ha parlato in maniera rilevante.

Gli influencers
Chi sono e come si muovono lo abbiamo già detto
http://micheledisalvo.com/2012/08/20/chi-sono-e-cosa-fanno-gli-influencers/
Possiamo aggiungere che la loro è una funzione essenziale nella parte iniziale del rilancio del messaggio. A questo articolo un utente ha posto una domanda/problema interessante, che riprongo con la mia risposta:
Rimane sempre il dubbio se realmente quel contenuto / prodotto / idea / video sia condivisa perchè veramente valida. Ovvero come faccio a capire se sono infulencers quelli che lasciano commenti ecc. per un contenuto che poi in realtà veramente ha un valore reale e positivo?

Non posso sempre pensare che una cosa solo perchè largamente condivisa, apparirà tale perchè vi sono bot e fake che così vogliono farla apparire, cioè accettata da tutti… diventa difficile distinguere quindi la realtà con i falsi.

Bisognerebbe trovare un modo per far si che le macchine non vengano introdotte in internet e interagiscono con la vita degli utenti umani che navigano sul web. Ma come, se tanto basta creare un account fasullo e nessuno lo riconoscerebbe?

Questo nel caso di semplici navigatori non esperti di informatica e senza mezzi per creare fake sofisticati e veritieri. Chi invece ha a disposizione tali risorse e competenze può creare bot e fake ancora meglio camuffati!
Mi verrebbe voglia di non andare + su internet, ma è impossibile perchè cmq rappresenta un grande centro di informazioni, anche banali, che so, cercare il significato di qualcosa!

Da un punto di vista tecnico, e’ il nodo che da cinque anni si sta cercando di risolvere, ma che ovviamente interessi contrapposti (soprattutto delle aziende più grandi) impediscono… Ma credo sia sempre un bene parlarne e discuterne e non lasciare che questi temi restino tra tecnici, visto che riguardano tutti. Da un punto di vista politico, la discriminante e’ sempre la “criticità” della condivisione…

Ovvero un commento, un distinguo, la partecipazione ai commenti, etc…
Oltre anche alla naturale “velocità media” dello share. Se io metto un articolo, e mediamente in tre giorni lo condividono in 200, ci stanno anche nella media punte di 500 condivisioni in due giorni…

Se in maniera sistematica ogni articolo nel primo giorno viene condiviso 2000 volte… Basta togliere quelle 2000 dai calcoli, perché significa che e’ un’operazione sistematica e tecnica, e non una reale l’ora di condivisione…
(questo e’ solo un esempio pratico di quello che normalmente i tecnici della comunicazione fanno per avere un indice realistico).

Il processo di aggregazione
Le dinamiche del processo di aggregazione sono tanto semplici quanto difficili da realizzare, e sono il vero motore dinamico e impagabile del “prodotto finale”. Avere infatti un numero più o meno rilevante di soggetti attivi perché convinti, significa anche avere un patrimonio di lavoratori non pagati, che diffonderanno un messaggio/contenuto difendendolo come proprio, e contemporaneamente generando accessi e massa critica di messaggi e interazioni.

1. le parole semplici e i sillogismi
noi siamo buoni e onesti > chi non è con noi non lo è
noi siamo per… > chi non è con noi non lo è
noi non apparteniamo a… > chi non è con noi non lo è

attraverso questo primo messaggio di ottengono due risultati: risultato immediato – aggregare soggetti che anche se non si conoscono tra loro si riconoscono in macro categorie offrire una prima replica collettiva – se non appartieni a questo gruppo è perché sei “un diverso da me”, quindi un antagonista.

2. “vince chi da spazio”
Nei gruppi sociali “normali” cercano, antropologicamente, di emergere delle figure di leadership. In una società esasperata e in cui “mancano spazi di sfogo” la tecnica del “lasciar parlare, lasciar fare, dare spazi gratis” ripaga perché aggrega chi vuole dire qualcosa, e candida un certo contenitore ad essere referente di “chi ha qualcosa che vuole dire e nessuno gli da spazio”.

3. evitare l’incontro diretto
…che genera leadership e mette in discussione la piattaforma di dialogo – non che le persone non si debbano incontrare mai, ma lasciare che il non luogo digitale resti il principale luogo. Più semplice da moderare, controllare e analizzare, il messaggio è “il web facilita le discussioni restando comodamente a casa propria, è facile e gratuito”.

4. evitare il dibattito orale
Una discussione è fatta di linguaggio verbale (10%) ma soprattutto di non verbale e para verbale – e questi fattori di comunicazione interpersonale sono gestibili si, ma non del tutto controllabili. Esistono corsi specifici per le persone che devono (o vogliono) parlare in pubblico. Non a caso, anche Filippo Pittarello “offre” corsi per i candidati da parte della Casaleggio.
Tutto normale, lo fanno tutti. Meno normale è che si indichi ai candidati di non parlare in pubblico.

5. soft e hard skills
Scegliere persone con poche competenze specifiche e “appeale mediatico”.
La dice lunga sulla manipolabilità.

6. evitare il confronto
…in un confronto si entra nel merito e si verifica il metodo. Ciò impedisce la gestione della comunicazione per messaggi semplici, e monologhi. Implica un’interazione difficilmente gestibile apriori. Implica il porre domande e dover rispondere.

Questi primi sei punti si raggiungono con altrettanti messaggi semplici da condividere in maniera non mediata.
“Chi ha una competenza specifica appartiene a una casta.”
“Se accettate il confronto nel merito legittimate l’avversario.”
“Nel confronto orale fate il gioco degli imbonitori di mestiere.”
“Nel dibattito loro vengono da anni di politica e fanno solo retorica.”

Il processo di difesa del gruppo
Un gruppo “da gestire” deve necessariamente essere tenuto “chiuso”. Se il gruppo si apre, dal confronto nasce il potenziale “mettere in discussione il metodo”. Per tenere un gruppo chiuso basta farlo sentire “sotto attacco”, e va tenuta sempre alta la tensione in questo senso. Un gruppo “sotto attacco” necessariamente (istinto di sopravvivenza) si stringerà su se stesso a difesa – apparentemente di sé – di fatto del “capo”.
[non esistono ad esempio elezioni in tempo di guerra che abbiano cambiato un governo in carica]. Anche qui la regola della comunicazione semplice è quella vincente, proprio perché si parla ad una “massa” diffusa ed eterogenea.

Ma il sistema va declinato in tre momenti complementari.
a. far sentire la pressione, e se non c’è, crearla o alimentarla
b. individuare dei nemici “generici” (es. giornalisti, professori, politici…) e indicare possibili interazioni tra gruppi di nemici generici (teoria del complotto, “la casta”…)
c. fornire “armi semplici e immediate” di risposta collettiva

Parlare di clima d’odio contro il M5S serve a questo, che poi ci sia davvero è meno importante, basta alimentarlo e “farlo percepire”; i complotti sono un messaggio “facile” nella storia italiana, abituata a massonerie e accordi di potere trasversali, dimostrarli in questo caso non è necessario, basta che “sia plausibile”; ecco le risposte più comuni e facilmente utilizzabili in ogni occasione:

“ci attaccano per difendere i loro interessi”
“se ci attaccano è perché abbiamo ragione”
“se ci attaccano è perché ci temono”
“sono membri della casta che combattiamo”
“la macchina del fango”
se scrive un professore universitario “è il mondo accademico dei baroni”
se scrive uno di un partito di destra o di sinistra “è schierato”
se lo fa un giornalista “i monopolisti dell’informazione” o “pennivendoli” (ndr. termine non inventato da Grillo ma dai NAR!!!)
se scrive un parlamentare “è della casta”
se è troppo vecchio “è vecchio” …
se è giovane “è troppo giovane” …
se scrive uno indipendente … “e questo chi è…”

Tuttavia l’effetto collaterale di “far chiudere un gruppo in se stesso” facendolo sentire sotto assedio, necessitando di frasi “violente” (vaffanculo, vi seppelliremo vivi, siete finiti, siete morti..), genera davvero nell’altro un sentimento “violento”. La necessità di fare gruppo sul “noi siamo gli onesti” implica – silloggicamente – che per definizione “tutti gli altri non lo siano”, e questa in sé è una “provocazione violenta”.

Il contenuto
Il prodotto finale – che nel caso di un partito politico è il programma elettorale – alla fine risente di tutto questo processo e di questo sistema di comunicazione. Nel caso del M5S il programma “scritto in rete da 800mila persone” (sic) è un documento di una decina di pagine in cui sono elencati dei titoli. Titoli che altro non sono che l’elenco dei temi caldi di cui abbiamo parlato all’inizio. Temi su cui, è ovvio, difficile se non impossibile (proprio per loro natura implicita) che la stragrande maggioranza della società non può non riconoscersi. Le differenze tra i partiti e i movimenti politici tuttavia no risiedono nel contenuto (per la maggioranza dei casi) ma nel metodo.

Ti candidi? Bene…
Vuoi “tagliare i costi della politica”? ottimo…


Svolgi il tema – non mi dare solo il titolo ad effetto. Ci si aspetterebbe ad esempio una divisione tematica, in cui ad esempio un gruppo leggesse il bilancio dello Stato e indicasse punto per punto cosa tagliare e perché e quanto… Se devo gestire “la cosa pubblica” e mi candido a questo, devo, ho l’obbligo morale e di serietà, dire come, quando, in che tempi…

Tutto questo, che può apparire un sistema “troppo semplice”, in realtà è molto complesso da realizzare. Occorre tempo, molto lavoro, e anni di “sociologia della rete”, di studio e sviluppo delle interazioni e dei gruppi da aggregare, di semantica, oltre che di creazione di siti, blog, contenuti e contenitori che in qualche modo, nel tempo, apparentemente tra loro isolati, costruiscono una macchina di consenso unitaria.

Grande Fratello?
No, semplice “comunicazione tossica”. Ed è virale e contagiosa.
Perché se porta risultati “utili” altri la imiteranno.
La sua origine? Il vuoto politico dei vecchi partiti.
L’incapacità di essere spazi di dialogo, mediazione e ricezione delle istanze delle persone. Che non incontrandosi più fisicamente e discutendo tra loro, finiscono con il ritrovarsi nel circuito di una comunicazione elettronica e mediata, costruita su linguaggi semplici, ancor più nell’unico spazio che apparentemente “da spazio e voce ai cittadini”.

Conta poco che i sondaggi elettronici messi online siano assolutamente manipolabili. Conta poco che tecnicamente puoi creare fake che modificano le presunte votazioni nei gruppi. Conta poco che si usi il metodo condorcet nelle presunte primarie. Quello che conta è che hai creato una macchina in cui “appare” che le persone partecipino attivamente, che abbiano la sensazione “a monitor” di essere attive, partecipi, protagoniste e che
qualcuno le ascolta.

E chiunque dica il contrario è un nemico. Perché priva le persone del “sogno” di uno spazio in cui “esistere”, in un modo che questo spazio non lo da…

Ma chi è “la Rete” ?

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Articolo leggibile direttamente a questo > LINK

Favia“Se la Rete ha reagito così, vuol dire che Grillo aveva ragione”. Bene, siamo alla prova del nove della cosiddetta “democrazia diretta del Web”. Andrea Defranceschi, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, il partito di Beppe Grillo, è stato “sfiduciato” e di fatto invitato a dimettersi dal guru, con un messaggio sul suo blog personale, perché ha espresso un’opinione ritenuta difforme dai programmi e dalla linea politica del partito. Può anche essere, ma ritenuta da chi?

Chi decide, nel Movimento 5 Stelle, se un rappresentante eletto segue o no il programma? Per il suo collega consigliere Giovanni Favia, che pure ha cercato di rimediare, è molto chiaro come si prendono queste decisioni dalle sue parti: “Se la Rete ha reagito così, vuol dire che Grillo aveva ragione”.

Traduco: Defranceschi, eletto consigliere regionale con un metodo sicuramente democratico, le urne delle elezioni amministrative, viene sfiduciato da un po’ di messaggi che piovono “dalla Rete”, cioè arrivano su un blog che solo il gestore del blog controlla, scritti da militanti o forse no; dei quali si fa interprete l’autorità di un leader carismatico che nessuno ha eletto a nessuna carica.

Di decisioni prese dall’alto, da un leader vuoi carismatico vuoi proprietario, la politica italiana è piena. Ma le decisioni prese “dalla Rete” avrebbero dovuto essere, almeno erano state presentate come la novità rivoluzionaria, la nuova democrazia a prova di bomba scoperta dal movimento su cui Grillo ha messo la sua faccia.

Ma chi cavolo è “la Rete”? Dire che “la Rete ha reagito così” equivale a dire che “il telefono ha reagito male”. Io sto con Eduardo De Filippo. Quando gli telefonò un giorno “la televisione” rispose “aspetti che le passo il frigorifero”.

Come prende decisioni “la Rete”? Si è forse votato, “in Rete”, per capire se l’opinione di Defranceschi è più condivisa o più contestata? E chi vota, “in Rete”? E chi verifica se chi vota ha il diritto di farlo? Vota chiunque abbia un accesso a Internet? E se non si vota, chi conta, chi valuta, chi intepreta le “reazioni della Rete”? Chi le trasforma in decisioni politiche, in censure politiche, in sfiducie politiche? Basta che un mazzetto di persone di cui si sa poco o nulla sedute davanti a uno schermo mandi qualche messaggio infuriato per dire che “la Rete ha reagito male”? Posso allora decidere anch’io di sfiduciare Defranceschi, che non ho votato? Posso magari mettere assieme un centinaio di amici, nessuno dei quali ha votato Defranceschi e magari ha votato un partito che gli è avverso, per scatenare una campagna di “reazioni in Rete” contro di lui?

Questo bizzarro modo di affidare l’opinione di un’organizzazione politica a un magma inverificabile di “reazioni”, e cioè in sostanza a chi alza più la voce o meglio a chi ha il potere di interpretare le voci, per poi imporre questa presunta “reazione della Rete” con l’autorità indiscussa di un leader carismatico, mi pare perfino peggio, come pretesto per prendere decisioni politiche al di fuori di ogni garanzia e controllo, dei finti sondaggi di Berlusconi.

“Usiamo la Rete troppo e male”, ammette Favia, che non è uno stupido, intervistato da Beppe Persichella di Repubblica. Bene, tirate qualche conseguenza da quell’ideologico pericoloso tecno-entusiasmo, prima di farvene travolgere.

La foto: il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Giovanni Favia.

http://smargiassi.blogautore.repubblica.it/2012/01/03/ma-chi-e-la-rete/

Lettera di un consigliere comunale a Casaleggio

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Sono un consigliere comunale del MoVimento5Stelle,

uno di quelli che hanno colto l’invito di Beppe Grillo a: “rischiare qualcosa di proprio”.  Ho messo in gioco il mio tempo, la mia professione, la mia vita. Per i prossimi cinque anni e per sempre. Quando l’impegno sarà terminato, sarò un po’ più vecchio e verosimilmente con meno opportunità. Nel frattempo avrò compromesso quel poco che avevo costruito, ed avrò percepito qualche centinaio di euro al mese di gettone di presenza. Forse. Se il comune disporrà delle risorse necessarie per pagarmeli, perché oggi neppure questo pare più scontato. Forse sarò anche riuscito a dare il mio contributo per cambiare un po’ in nostro Paese. E questo mi permetterà di guardarmi allo specchio senza problemi.

Voglio subito mettere in chiaro lo scopo di queste righe. Dopo un doveroso ringraziamento per quanto di buono fin qui costruito, che non è poco. E’ molto. Voglio dirti questo, dal profondo del cuore. Vaffanculo. Vaffanculo a te ed ai tuoi deliri.

Premesso questo, ti illustro alcune delle ragioni per l’invito che ti ho appena rivolto. E prendo come spunto solo il recente comunicato politico numero 45.

Capisco e condivido la preoccupazione circa l’eventualità che il MoVimento si trasformi in partito. Non condivido affatto gran parte degli strumenti e dei metodi fino a qui utilizzati per evitare che questo accada, i cui tratti principali sono presenti nel comunicato stesso.

Primo. La selezione dei candidati.

L’avete già presa in culo con Luigi de Magistris e Sonia Alfano.  Aforisma popolare applicabile: “Nella testa non entra e nel culo va largo”. Il principio che chiunque possa candidarsi è sacrosanto.

Le elezioni comunali e regionali dimostrano che questo è il processo cardine. Sbagli i candidati, ed il danno te lo porti dietro per anni. Inverti i criteri di selezione della classe politica ed avrai rivoluzionato il Paese.

Non esiste un metodo infallibile. Tuttavia, nessun metodo, porta sicuramente a degli effetti gravi. Il metodo che è stato utilizzato un po’ in tutta Italia è quello della partecipazione, ossia, ancora una volta, metti in gioco qualcosa di tuo. Fallo e sarai candidabile. Ritrovati assieme ad altri a fare qualcosa per il MoVimento e per la comunità. Potrai essere valutato, misurato e candidato da chi con te lavora.

Ora, semplicemente ignorare che questo sia accaduto, è un atto di pura idiozia oltre che di prepotenza, ed offensivo nei confronti delle migliaia di persone che, come richiesto, hanno messo qualcosa di loro. Prima regola del management: “Se non sai come fare, chiedi aiuto”. Se non sei in grado di elaborare un processo di selezione dei candidati accettabile, chiedi aiuto. Ma non procedere ciecamente come nulla fosse accaduto fino ad oggi. Non è così.

Secondo. I filtri rispetto alle candidature.

Sono un dirigente di un partito tradizionale. Chiedo ai miei tesserati di iscriversi al Blog. Spingo su un mio uomo e lo faccio diventare un candidato del MoVimento. Le migliaia di simpatizzanti e di attivisti di cui sopra, voteranno per un candidato di un partito tradizionale.

A livello locale questo rischio è stato mitigato con una semplice contromisura, facendo leva sulle conoscenze interpersonali. Non poteva accadere, almeno non diffusamente, che un uomo di un altro partito diventasse un candidato del MoVimento. Dal monitor del tuo computer come pensi di risolvere questo problema? Ed anche se te ne accorgessi, con quale criterio poi potresti rifiutare una candidatura? Perché il candidato ti sta sui coglioni?

Terzo. La sicurezza del voto elettronico.

Chiunque desideri dilettarsi in attacchi alla piattaforma in uso, e disponga delle necessarie competenze (e là fuori è pieno di hacker pronti a vendere i loro servizi) può divertirsi un mondo nel variare i risultati del voto online a piacimento. Ma a parte questo. Perché migliaia di persone che aspirano a cambiare il proprio Paese dovrebbero fare affidamento su pochi individui dipendenti di una società privata? Qui si sta lavorando per il futuro, che passa attraverso i sacrifici di tanti attivisti. Non è più un diletto di pochi.

Quarto. I criteri di ammissibilità.

“… o non abbia esercitato due mandati, anche se interrotti.” Per quanto ne sappia io, Giovanni Favia è l’unico attivista di spicco in queste condizioni. Pochi mesi di amministrazione comunale, attualmente consigliere regionale. Non potrà candidarsi. Ora Giovanni Favia potrà stare sui coglioni a parecchia gente. A me personalmente non è mai stato simpatico. Ma da qui ad affinare un principio a suo sfavore, buon senso vorrebbe che ne passasse.

Chi si è trovato ad organizzare una, due oppure tre elezioni in sequenza stretta, sa perfettamente che le risorse umane di qualità sono limitate. E non perché si cerchino individui con caratteristiche al di fuori della norma. Ma perché, dato un gruppo di possibili candidati, si cerca sempre di premiare il merito, la competenza, l’impegno ed altro. Principi che sosteniamo da anni e che dobbiamo applicare innanzitutto al nostro interno.

Ora può bene verificarsi che un candidato “consumi” due mandati in pochi mesi. Un comune è commissariato, un governo cade. Magari è pure una persona valida. E noi ce ne priviamo per quale ragione logica? Non sarebbe più opportuno utilizzare il vincolo di due mandati come semplice linea guida ed invece i dieci anni di ruolo istituzionale come limite massimo? Oppure ci piace proprio darci le clavate sui coglioni alla Tafazzi?

Ma soprattutto, chi cazzo sei tu per fissare, di fatto, un nuovo vincolo – o una sua variante – senza chiedere il parere di almeno alcune delle migliaia di persone che compiono sacrifici da anni?

Quinto. Lo stipendio dei deputati e dei senatori del MoVimento

Non spetta a te deciderlo. Spetta al MoVimento ed anche a te in qualità di singolo – oppure uno vale uno solo quando fa comodo?

Come è stato fatto per le elezioni regionali. E come è ragionevole farlo. Per esempio, dopo avere valutato gli stipendi dei necessari collaboratori, che andranno inquadrati con regolare contratto, finalmente. E magari serviranno diecimila oppure ventimila euro per questo. Chi di noi è impegnato nelle istituzioni, sa bene che serve aiuto. E che non sempre è possibile trovarne su base volontaria. E magari non è neppure giusto, oltre una certa misura. Dunque serve denaro per pagare queste persone. E già abbiamo rinunciato ai rimborsi elettorali. Le paghi tu?

Sesto. L’accettazione delle condizioni.

Serve un contratto fra due parti. Dove in mancanza del rispetto delle condizioni accettate, una parte ricorra in giudizio per sottrarre le risorse percepite in violazione del contratto. Con prelievo diretto nel conto corrente su cui vengono accreditati gli emolumenti. Chi è la controparte del candidato? Gianroberto Casaleggio? Non è forse giunto il momento di dotarsi di una struttura giuridica di supporto? Se, tocchiamoci i coglioni, Beppe Grillo dovesse subire un infarto e rendere l’anima a Cristo, perchè noi attivisti dovremmo sottostare al tuo diktat per potere avere in uso il marchio MoVimento5Stelle Beppegrillo.it?

Settimo. Il Non Gruppo Parlamentare ed i Non Portavoce.

Avere abusato di sostanze psicotrope in età giovanile non è un peccato dal quale non ci si possa mai redimere. Farne pagare le conseguenze a migliaia di persone è invece grave. Il regolamento parlamentare rende obbligatoria l’iscrizione ad un gruppo per ogni membro della Camera e del Senato. Gli eletti del MoVimento possono alternarsi per periodi di tempo prestabiliti di fronte ai media. E non serve chiamarli Non Portavoce. Non stai più divertendoti in solitario. Devi rendere conto di quello che scrivi a tutto il MoVimento. Smettila di scrivere troiate.

Ottavo. La Rete​.

La rete è uno strumento. E può certamente essere un obiettivo che, un giorno, venga usata da tutta la popolazione italiana. Già succede in altri stati nel mondo. Ma i risultati elettorali sono stati ottenuti perché dei volontari sono andati in mezzo alla gente, nelle piazze ed ovunque, mettendoci la loro faccia ed il loro impegno. E quindi con il contatto fisico con le persone, che nessuna tecnologia potrà mai sostituire. Questo è vero oggi, sarà vero domani ed anche nel 2013. E l’affermazione continua che vi sia una relazione causa-effetto fra la diffusione della rete ed i risultati elettorali, è un’altra controprova degli abusi giovanili di cui sopra.

Nono. I cittadini si fanno Stato.

Per questo, non è utile che ai partiti si sostituisca una Srl oppure una Spa con pochi soci. Fai un passo indietro ed aiuta a costruire una struttura organizzativa che possa realizzare, quanto più possibile fedelmente, i principi che tutti abbiamo condiviso ed accettato.

Decimo. Uomini e donne alla camera ed al senato.

Principio sacrosanto. Nella pratica, se mandi una persona comune senza preparazione alla camera, oppure al senato, sei un idiota. E quale può essere l’ambiente più formativo se non un consiglio comunale oppure regionale dove gli attivisti del MoVimento possono supportarti, aiutarti e controllarti? La formazione è irrinunciabile per non mandare dei perfetti incapaci nelle istituzioni centrali. Se scrivi simili idiozie è semplicemente perchè non hai partecipato a nulla di quanto è stato fatto negli ultimi tre anni dal MoVimento. E non hai neppure l’umiltà per ascoltare chi lo ha fatto.

Gianroberto Casaleggio, vaffanculo.

Un consigliere del MoVimento5Stelle.

P.S. Ti sfido. Ti sfido a mettere ai voti i dieci punti qui riportati fra gli attivisti del MoVimento. Fatti consegnare l’elenco degli attivisti da tutti i Meetup d’Italia che abbiamo partecipato alle elezioni. Fanne un elenco. Affidalo ad una società terza. Fai in modo tale che il voto sia assolutamente anonimo. Chiedi chi è d’accordo e chi è contro. Diffondi i risultati.

http://tizianafabro.ilcannocchiale.it/2011/08/19/un_consigliere_eletto_con_il_m.html