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ONU: molestie sessuali in cambio di aiuti umanitari

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Dopo lo scandalo Oxfam l’affaire degli abusi sessuali da parte dei cosiddetti operatori umanitari sembra ingrossarsi e travolgere l’intera costellazione delle Ong.

In un’intervista alla BBC la cooperante Danielle Spencer denuncia la pratica diffusa all’interno dell’ONU di barattare sesso in cambio di aiuti umanitari, dal cibo alle cure sanitarie.

“Tenevano gli aiuti ‘in ostaggio’ fino a che le donne non si concedevano”, spiega la cooperante. La pratica è così diffusa che le donne in Siria si rifiutano di recarsi da sole presso i centri distribuzione umanitaria, terrorizzate dal poter subire abusi sessuali. Questo orribile fenomeno sarebbe noto dall’inizio della guerra in Siria e vari operatori umanitari hanno esposto denuncia nel corso degli anni. Un rapporto ufficiale, presentato durante una conferenza di agenzie dell’Onu e organizzazioni umanitarie in Giordania tre anni fa, aveva rivelato come il 40% delle donne avessero subito violenze sessuali in Siria durante la distribuzione di aiuti umanitari. Eppure la questione è passata in sordina, volutamente insabbiata.

Le organizzazioni non governative  dalla loro nascita si sono sostituite ai governi nazionali nella funzione politica e sociale, completando il processo di esautorazione della sovranità dello Stato.

Rispondendo alla logica del libero mercato, esse rappresentano l’esternalizzazione dell’assistenzialismo e della solidarietà, che viene affidata a soggetti “terzi”, in linea di principio senza legami e implicazioni territoriali e politiche, ma che di fatto hanno creato un business sulla povertà e sulla disperazione, come le Ong che finanziano i viaggi dei migranti.

Ora si scopre che milioni di poveri e disperati non rappresentano solo una merce su cui lucrare, ma addirittura l’oggetto di soddisfacimento delle proprie pulsioni più basse e brutali, depredando esseri umani in condizioni disperate della propria dignità. E’ la deriva bestiale e disumana dell’umanit-arismo, più ributtante addirittura dello schiavismo per ipocrisia e immoralità.

Tratto dal blog di ILARIA BIFARINI del 28/02/2018

L’origine delle ONG

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Articolo tratto da http://www.badiale-tringali.it/2017/08/lorigine-delle-ong.html
…..Il libro di Engdahl, di cui traduciamo di seguito il primo capitolo, (Geheimakte NGOs, Kopp Verlag, Rottenburg giugno 2017) documenta come le principali ONG siano strumenti forgiati dalle oligarchie politiche ed economiche statunitensi, uno dei mezzi a cui esse, sulla base di un esasperato nazionalismo, ricorrono per condizionare e rovesciare i governi che ritengono non abbastanza allineati ai loro piani…

Dopo che la sequenza di destabilizzazioni, di colpi di Stato, di assassinii politici, di abusi nei confronti di cittadini stranieri e americani sollevò nell’America degli anni ’70 aspre polemiche che minacciavano di impacciare i liberi movimenti dei servizi segreti, nel 1983, durante la presidenza Reagan, il direttore della CIA, Casey, uscì dall’angolo con un colpo di genio: affidare le destabilizzazioni e i cambiamenti di regime non più a manovre coperte dietro le quinte, indifferenti se non ostili alla volontà dei popoli, dunque in contrasto con l’ideologia democratica professata dagli Stati Uniti, ma ad organizzazioni ufficialmente indipendenti dal governo che pure le aveva create e le finanziava in segreto, le quali in nome dei diritti umani, della democrazia e della lotta alla corruzione, creassero nei paesi da colpire avanguardie in grado di mobilitare la piazza contro i governi. La destabilizzazione e il cambiamento dei regimi assunsero così l’aspetto di un generoso movimento dal basso. Combatterlo avrebbe significato porsi nel campo opposto a quello della generosità, rinnegare cioè i diritti umani, la democrazia, la lotta alla corruzione, essere demonizzati come un regime paria, uno Stato canaglia, autorizzare così la ‘comunità internazionale’ al giusto intervento in difesa della popolazione angariata.

In questo modo le operazioni imperialistiche hanno assunto un aspetto tanto convincente di rivoluzione interna che molti sessantottini invecchiati non riescono ancora a capacitarsi come l’esito normale delle rivoluzioni sia la formazione di protettorati atlantici gestiti da regimi fascisti – da quello dei ‘Fratelli musulmani’ in Medio Oriente a quello dei neonazisti in Ucraina. Con un felice richiamo letterario, Engdahl suggerisce che Casey ha agito sul modello dell’abile diplomatico del racconto di Edgar Allan Poe, che sfugge alle perquisizioni ponendo la lettera rubata in un posto bene in vista anziché in un nascondiglio recondito.

Se vale l’osservazione di Hegel secondo cui il segnale della vittoria definitiva di un partito su un altro è lo scindersi del primo in una nuova opposizione, allora, dopo la vittoria sul blocco orientale, il blocco occidentale si è scisso e gli USA hanno iniziato a considerare l’Europa non più un alleato, ma un nemico virtuale da ridurre all’impotenza prima che possa formulare pensieri di autodeterminazione. Così la stessa Europa è finita nella morsa americana, stretta dalle regole della UE che ne devastano l’economia, dalla NATO che ne dirige la politica estera, dalle riforme sociali e culturali, dal terrorismo e dall’immigrazione incontrollata che ne disgregano la società.

Le esitazioni di una classe dirigente europea esecutrice dei diktat atlantici, intensificatesi con il drammatico declino della sua popolarità, sono superate dallo slancio delle organizzazioni non governative silenziosamente proliferate. Esse sembrano obbedire soltanto a un generoso idealismo impresso nella loro essenza: all’imperativo categorico di salvare vite umane, di aprire gli europei all’accoglienza, di organizzare l’integrazione, di intensificare il pluralismo, di lottare contro la corruzione e da ultimo contro i discorsi di odio. Il libro di Engdahl mostra che tutto questo è subdola ideologia, che la sensibilità delle ONG, selettiva e indifferente al valore della legalità, è la copertura del piano atlantico di destabilizzazione mondiale.

 

  1. William Engdahl

Gli atti segreti delle ONG.

Capitolo 1

Procedere come la CIA, ma privatamente

Gran parte di quello che facciamo noi oggi, 25 anni fa lo avrebbe fatto in modo coperto la CIA[1]

– Allen Weinstein, coautore dell’atto istitutivo del NED

La ‘lettera rubata’ della CIA

Nella memoria collettiva il mandato presidenziale USA di Ronald Reagan è segnato soprattutto dall’inizio del confronto militare che poi, nel 1989, poco dopo la sua conclusione, pose fine alla guerra fredda con l’Unione Sovietica. In effetti – il suo aumento della spesa militare, la sua guerra terroristica segreta in Afghanistan per mezzo dei mujahidin afghani contro l’esercito sovietico e il suo impegno a favore dello scudo missilistico Star Wars ebbero in  complesso una parte importante nella decisione di Mosca di permettere la caduta del muro di Berlino nel novembre 1989. Quasi nessuno ricorda però una misura di Reagan all’inizio della sua presidenza, che provocò la destabilizzazione della sicurezza mondiale, scatenò guerre regionali e caos, e favorì  la diffusione del terrorismo internazionale – terrorismo nel nome di guerre sante islamiche, condotte da organizzazioni come al-Qaeda e Isis.

Nel 1984 a Washington fu fondata una ONG nuova, privata, chiamata National Endowment for Democracy (NED). Il nome della fondazione fu scelto apposta così per darle un’aria filantropica, per quanto possibile nobile, con allusione al Washington Endowment for the Arts o al National Endowment for Humanities.

Tuttavia il NED era tutt’altro che filantropico o umanitario, e neanche per sogno pensava a diffondere ciò che considereremmo almeno alla lontana democratico. Il suo compito consisteva anzi nell’usare come arma subdola una propaganda sistematica finalizzata a spodestare in tutto il mondo i governi che non si adattassero ai piani di Washington. E non aveva alcuna importanza che si trattasse di globalizzare il commercio in favore dei gruppi multinazionali USA oppure di boicottare qualche sforzo per proteggere la salute e la sicurezza nazionale di un paese il cui governo si rifiutasse ammettere organismi geneticamente modificati (OGM). Il NED era uno strumento per creare qualcosa che possiamo definire come pseudo democrazia, con lo scopo di promuovere i piani globali di Washington.

Fin da subito alla ‘promozione della democrazia’ di Washington fu dato un nome più intuitivo, cioè ‘rivoluzione colorata’, in riferimento agli sfiziosi schemi cromatici da cui erano immancabilmente accompagnati gli sforzi (guidati dagli USA) per un cambio di regime da parte del NED e di altre ONG dirette dagli Stati Uniti.

All’inizio del 1983 l’allora direttore della CIA, William J. “Bill” Casey, convinse il presidente Reagan a creare una specie di CIA ombra, una ONG apparentemente privata, che doveva sfuggire all’esame e alla critica pubblica da cui a quel tempo era colpita la CIA. Sotto questo riguardo, Allen Weinstein, coautore degli atti istitutivi del NED, si espresse liberamente in un’intervista del Washington Post nel 1991: “Gran parte di quello che facciamo noi oggi, 25 anni fa lo avrebbe fatto in modo coperto la CIA”[2].

I tardi anni ‘70 furono tempi duri per la misteriosa agenzia di spionaggio del governo Usa.

Traditori e talpe della CIA come James Agee, L. Fletcher Prouty e Victor Marchetti avevano pubblicato alcuni dettagli sul finanziamento segreto della CIA a organizzazioni studentesche internazionali, inoltre sugli esperimenti con LSD di MK-Ultra come pure sul ruolo della CIA nell’attentato Kennedy o nei colpi di Stato come in Iran, in Vietnam, in Guatemala o in Cile.

La pressione dell’opinione pubblica aveva costretto il Congresso USA a formare due commissioni: la commissione Church diretta dal senatore Frank Church e, nella Camera dei Rappresentanti, la commissione Pike. Esse dovevano indagare sulle accuse di illegalità alle operazioni segrete della CIA. La CIA fu accusata tra l’altro di aver compilato illegalmente fascicoli di cittadini americani e di aver infiltrato gruppi politici che rifiutavano la guerra in Vietnam.

Per rafforzare nell’opinione pubblica l’impressione che il governo avesse un vero interesse a riformare le istituzioni fuori controllo, il presidente Gerald Ford creò nel 1975 una terza commissione apparentemente indipendente. Il vice presidente Nelson Rockefeller, che con Eisenhower era stato collegamento tra la CIA e la Casa Bianca, diventò presidente di questa cosiddetta Commissione Rockefeller, che doveva ugualmente indagare la CIA sulle attività illegali. Prima che il rapporto della Commissione Rockefeller fosse pubblicato, l’allora capo di gabinetto della Casa Bianca, un certo Dick Cheney, distrusse 86 pagine che avevano a che fare con alcuni attentati della CIA. Il rapporto Rockefeller non è dunque un documento sincero[3].

Per quanto attenuati della CIA, questi scandali ebbero una notorietà tale da produrre effetti infamanti sulle operazioni coperte statunitensi in tutto il mondo. Proprio per continuare a inscenare gli stessi cambiamenti di regime ma senza lo stigma della CIA, il suo direttore Casey e un drappello di agenti nella CIA e nel Nationale Security Council crearono l’organizzazione che chiamarono National Endowment for Democracy.

Nel 1983, in una lettera al capo gabinetto della Casa Bianca di Reagan, Edwin Meese III, Casey espose la sua proposta di istituire un’organizzazione apparentemente privata, ‘pro-democratica’ e ‘pro-umanitaria’, che doveva promuovere l’agenda americana di cambiamenti di regime per creare governi amici degli Stati Uniti in ogni angolo del mondo.

Casey e Walter Raymond jr., un alto funzionario specialista per la propaganda della CIA, suggerirono di creare una struttura finanziaria per sostenere la vecchia organizzazione di facciata della CIA, Freedom House, e altre organizzazioni al di fuori del governo ufficiale statunitense. Questi gruppi ‘privati’ dovevano fare propaganda ed operazioni politiche in paesi scelti in cui la CIA lo aveva fatto in precedenza in modo coperto[4].

Casey e Raymond si proposero di fondare un’organizzazione pagata dal Ministero delle Finanze ma apparentemente privata, che dovesse servire da canale per il denaro. Il ‘privato’ NED doveva essere ‘sovvenzionato’ dalla United States Information Agency (USIA), il braccio ufficiale per la propaganda del Ministero degli Esteri. Secondo l’affermazione di Joshua Muravchick, uno dei primi uomini dietro al NED, il NED doveva essere qualcosa come “un secondo strato di isolamento tra i percettori (del denaro del governo; W. E.) e il governo … Il denaro che viene dal Ministero delle Finanze USA, ma è distribuito da un’organizzazione privata indipendente che non sia legata a nessuna determinata istituzione USA, è più accettabile”[5].

Casey fu molto cauto affinché il braccio segreto della CIA non fosse visibile nelle nuove organizzazioni o collegato ad altre ONG affiliate. Troppe operazioni segrete – il colpo di Stato contro il primo ministro iraniano Mohammed Mossadeq (1953)[6], il golpe della CIA contro Jacobo Árbenz Guzmán in Guatemala (1954)[7] o la caduta di Salvator Allende in Cile e il suo successivo assassinio (1973) – furono smascherate come piani segreti della CIA. Per l’agenda estera del governo statunitense questi smascheramenti si erano dimostrati come sabbia nell’ingranaggio.

Casey e Raymond volevano continuare con la prassi dei cambiamenti di regime; questi dovevano però avvenire alla luce del sole, eseguiti da ONG ‘pro democratiche’. Pensavano: “Come potrebbe essere contro la ‘democrazia’ un cittadino normale?” La successiva partecipazione della CIA a colpi di Stato internazionali e a cambiamenti di regime doveva essere dunque coperta da ONG che sembrassero private come Freedom House, NED e istituzioni simili.

Era un’idea brillante, proprio come il noto racconto giallo di Edgar Allan Poe La lettere rubata, in cui una lettera politicamente compromettente sta ‘nascosta’ in un portacarte in bella mostra, mentre la polizia perquisisce ogni angolo dell’abitazione del presunto ladro senza trovarla[8].

Il NED e il Freedom House dovevano lavorare insieme per insinuarsi negli affari interni dei paesi di tutto il mondo, per deporre, se necessario, governi indesiderati, spendere denaro in favore di riviste alternative e critiche nei confronti dei governi, per addestrare capi dell’opposizione ecc. Poiché però queste aperte manipolazioni erano praticate su un piano totalmente pubblico, senza il tentativo di celare qualcosa, protestando contro le ingerenze statunitensi i governi avrebbero prodotto una ‘impressione anti democratica’, proprio perché le ONG non perseguivano nulla più della ‘promozione della democrazia’.

In verità questa ‘promozione della democrazia’ era un tentativo appena velato della CIA e del Ministero degli Esteri di allontanare capi di governo sgraditi e sostituirli con capi amici degli Stati Uniti. La democrazia serviva alla CIA esclusivamente da efficacissima foglia di fico. Si trattava di pseudo democrazia.

Bill Casey riconosceva la necessità di mascherare la partecipazione della CIA. “Naturalmente nello sviluppo di una simile organizzazione, noi [la CIA] non dovremmo mostrarci apertamente alla luce, dovremmo anche evitare l’impressione di esserne finanziatori o sostenitori”, scriveva Casey in una lettera non datata all’allora consigliere della Casa Bianca Edwin Meese III. Nella lettera Casey insisteva inoltre sulla necessità di istituire una fondazione nobilitata dal nome di ‘National Endowment’.

La nascita di uno Stato di sicurezza nazionale

La creatura della CIA era un progetto chiave di un fenomeno indicato in seguito come ‘Stato di sicurezza nazionale’, che iniziò a formarsi alla fine della seconda guerra mondiale. Con questo termine si intende una rete segretissima che estendeva il suo influsso non solo all’interno della CIA, ma trasversalmente in tutte le istituzioni governative americane, a cominciare dal Pentagono, attraverso il Ministero degli Esteri, fino al Ministero dell’Economia.

Nel 1947 Washington era ormai pronta ad accogliere nella sua comunità economica l’Europa occidentale e a isolare i sovietici. Per imporre la loro nuova strategia, gli Stati Uniti presentarono un piano Marshall bilaterale di ricostruzione dell’Europa.

Nel 1946 Leo D. Welch, allora direttore della sezione finanziaria della Standard Oil Company, esortò Washington a illustrare “le esigenze politiche, militari, territoriali ed economiche degli Stati Uniti in previsione del loro potenziale ruolo di guida del mondo non tedesco, inclusivo della Gran Bretagna come pure dell’emisfero occidentale e dell’estremo oriente”[9].

Egli proseguì il suo invito nel gergo economico americano:

Come maggiore fonte di capitali e come maggiori architetti del meccanismo globale, dobbiamo dare il tono e assumerci la responsabilità di maggiore azionista di quella società per azioni che chiamiamo mondo. […] Questo non è però un compito per un solo mandato, è un dovere permanente[10].

Nel 1948 George Kennan scrisse una memoria riservata, diretta internamente al Ministero degli Esteri. Vi riassumeva in modo pregnante il programma delle ambizioni americane di potere del dopoguerra:

Disponiamo del 50% della ricchezza mondiale, rappresentiamo però solo il 6,3% della popolazione mondiale. […] È perciò inevitabile che ci attiriamo invidia e sfavore. Il nostro vero compito per il futuro è tracciare uno schema di relazioni che ci permetta di conservare la nostra situazione di vantaggio senza permettere danni alla nostra sicurezza nazionale. A questo scopo dobbiamo mettere da parte ogni sentimentalismo e ogni sogno, per concentrarci sui nostri scopi nazionali immediati. Non possiamo abbandonarci a nessuna illusione: non possiamo permetterci il lusso dell’altruismo e della generosità[11].

Kennan, l’architetto della politica del containment della guerra fredda (con lo scopo del ‘contenimento dell’imperialismo sovietico’), traccia qui il vero scopo dell’élite statunitense nel dopoguerra: si tratta del dominio mondiale degli USA – o almeno del dominio sulle regioni che nel 1948 appaiono raggiungibili ai capi americani. Queste regioni comprendevano la ‘grande area’ messa a fuoco dal CFR (Council for Foreign Relations)

La guerra fredda della NATO: lo spazio vitale americano

La Grecia diventò lo scenario del primo confronto diretto della guerra fredda – aperto non dagli USA ma dalla Gran Bretagna. Dal 1946 la politica interna greca era segnata da una lotta per il potere tra il governo conservatore del presidente del consiglio Konstantinos Tsaldaris e il partito comunista KKE. Churchill si impegnò ad appoggiare i conservatori, e il segretario di Stato di Truman, il falco Dean Acheson, spinse Truman ad aiutare i britannici.

In precedenza, però, in un incontro a Mosca tra Churchill e Stalin (ottobre 1944), i capi politici dell’Unione Sovietica e della Gran Bretagna avevano trovato un accordo su come dividere dopo la guerra il sud-est europeo in zone di interesse sovietiche e britanniche. Si accordarono su un ‘influsso’ percentuale che i due paesi avrebbero dovuto esercitare in Romania, Bulgaria, Grecia, Ungheria e Iugoslavia. All’inizio Churchill aveva proposto che la Gran Bretagna avesse il 90% del controllo sulla Grecia, mentre accordava all’Unione Sovietica il 90% del controllo sulla Romania. Per gli ungheresi e gli iugoslavi Churchill prevedeva un influsso diviso al 50% sui due paesi.

Il 10 e 11 ottobre i due ministri degli esteri, Anthony Eden e Vjačeslav Molotov, trattarono sulle parti percentuali. Come risultato di quei colloqui ci si accordò di cambiare la partecipazione percentuale dell’Unione Sovietica alla Bulgaria e all’Ungheria rispettivamente dal 90% e dal 75% all’80%. Oltre a questi non furono menzionati altri paesi; dunque la Grecia sarebbe rimasta sotto l’influsso dell’Inghilterra. Stalin si tenne fedele all’accordo sulla Grecia. I britannici appoggiarono le truppe governative greche, mentre l’Unione Sovietica non si mise dalla parte dei partigiani comunisti[12].

Nonostante la moderazione russa, Acheson convinse il presidente Truman che sarebbe stata di stringente necessità un’appassionata presa di posizione sull’appoggio alla ‘libertà’ in Grecia, benché la Grecia non possedesse allora una precedenza strategica per gli interessi USA in Europa e l’Unione Sovietica non vi aveva intrapreso né minacciava di intraprendervi alcuna propria iniziativa.

Così il 12 marzo 1947, in un discorso davanti al Congresso Americano, mentre era in corso la guerra civile greca, il presidente proclamò la cosiddetta dottrina Truman. Disse: “Credo che debba essere politica degli Stati Uniti sostenere i popoli liberi che si oppongono ai tentativi di sottomissione da parte di minoranze armate o della pressione esterna”. La ‘pressione esterna’ non fu definita meglio.

Truman sottolineò che, qualora non avessero ottenuto l’aiuto necessario, la Grecia e la Turchia sarebbero infine cadute sotto l’influsso del comunismo sovietico, con conseguenze per l’intera regione. Lo stesso argomento fu ripetuto due decenni più tardi con il Vietnam, questa volta con il nome di ‘effetto domino’ – una previsione di conseguenze gravi, che non si sono mai verificate neanche in Estremo Oriente.

Sorprendentemente, in quell’occasione Truman ottenne l’appoggio del senatore Arthur H. Vandenberg, l’influente presidente della commissione del Senato per la politica estera e precedente sostenitore dell’isolazionismo. Nel marzo 1947 Vandenberg convinse il Congresso dominato dai repubblicani ad approvare la dottrina Truman – “su insistenza del Regno Unito”. Il servizio segreto britannico aveva segretamente corteggiato con successo Vandenberg, tradizionalmente uno dei suoi nemici più aspri e influenti[13].

Così, meno di un anno prima del suo celebre discorso a Fulton, in cui aveva coniato il concetto di ‘cortina di ferro’, Churchill riuscì ad attrarre Truman nella sua strategia della guerra fredda. Il Council on Foreign Relations di New York, allora sotto la presidenza del protetto di Rockefeller, John McCloy, ex commissario USA per la Germania, aveva insistito sulla stessa politica, ma per motivi del tutto diversi – il CFR mirava a stabilire in Europa lo spazio vitale americano, appena era diventato chiaro che Stalin avrebbe chiuso le porte della Russia all’offensiva economica statunitense.

La dottrina Truman, che promuoveva efficacemente il programma dello spazio vitale di Washington, mirava a sostituire il regno britannico come protettore economico e militare della Grecia e della Turchia. Era una direzione radicalmente nuova della politica estera americana. Uno storico si è espresso come segue: “Per la prima volta nella loro storia gli Stati Uniti avevano deciso di immischiarsi nelle questioni dei popoli fuori dal nord e sud America in una fase di pace generale”[14].

Tuttavia quei primi interventi della CIA negli affari interni di altre nazioni – rispetto agli eccessi degli interventi USA che in seguito partirono dal National Endowment for Democracy e dalle sue ONG affiliate – si presentarono addirittura discreti. Nel corso degli sviluppi dopo il 1947 la creazione dello Stato nazionale di sicurezza dell’America e il suo principio – tutto è legale finché lo si può giustificare con la ‘sicurezza nazionale’ – condussero però allo svuotamento e infine allo sradicamento della democrazia costituzionale americana.

L’interventista dottrina Truman fu argomentata da un articolo sensazionale che il Council on Foreign Relations pubblicò nella sua rivista Foreign Affairs, firmato da un certo ‘Mr. X’. Questo saggio era la versione adattata di un cosiddetto ‘lungo telegramma’ che George Kennan, allora collaboratore del Ministero degli Esteri USA, aveva scritto all’ambasciatore a Mosca Harriman.

Nel febbraio 1946 Washington aveva chiesto all’ambasciata USA a Mosca perché i sovietici si rifiutassero di appoggiare la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale appena fondati. Come risposta Kennan scrisse il suo ‘lungo telegramma’, in cui illustrò i punti di vista e le concezioni dei sovietici, e lo mandò al ministro della difesa James Forrestal, uno stretto alleato di Rockefeller nell’amministrazione Truman, il quale lo espose al Council on Foreign Relations per avviare una svolta verso un atteggiamento ostile contro Mosca.

Tra l’altro Kennan sosteneva che l’Unione Sovietica fosse insensibile alla logica della ragione, ma accessibile in misura elevata alla logica della forza. A suo parere lo Stato stalinista divideva il mondo nelle potenze inconciliabili del comunismo e del capitalismo. Questa impostazione motivò la politica USA del contenimento (containment) dell’Unione Sovietica e spianò la strada a 40 anni di guerra fredda contro la Russia. In verità il contenimento dell’Unione Sovietica servì all’establishment USA e alla sua industria militare come mezzo utile per creare un permanente Stato nazionale di sicurezza, per mezzo dello spauracchio di una Unione Sovietica aggressiva, minacciosa – uno spauracchio che in seguito doveva dimostrarsi illusorio[15].

La politica estera americana stava per spostarsi radicalmente: da un’alleanza con l’Unione Sovietica contro la minaccia tedesca a una graduale alleanza con un’umiliata Germania contro la minaccia sovietica. Era un intrigo classicamente britannico – ora in stile americano – per formare un equilibrio di potere.

La crisi greca non fu però sufficiente a provocare in America una ristrutturazione economica quale era agognata dai potenti banchieri e industriali. Neppure il blocco sovietico di Berlino e la presa comunista del governo ceco nel febbraio 1948 furono sufficienti a tal fine. Questi avvenimento mossero comunque l’isolazionista Congresso USA a votare per un sostegno finanziario all’Europa occidentale, che allora prese forma con il piano Marshall, e più tardi per un sostegno USA alla NATO.

Per convincere l’opinione pubblica americana, stanca della guerra ed esitante, che per la sua sicurezza fosse necessario un nuovo stato di guerra, una ‘guerra fredda’ più o meno permanente, era già necessario uno choc notevole.

Neppure la vittoria del Partito comunista cinese di Mao Tse-tung nella guerra civile cinese che finì nel 1949 con la disfatta del Kuomintang (KMT) e del corrotto despota Chiang Kai-shek e condusse alla proclamazione della Repubblica popolare cinese, riuscì a catapultare il bilancio militare americano a un livello quale lo avrebbero desiderato i potenti gruppi degli armamenti.

Per il gruppo Rockefeller e i suoi alleati nell’industria finanziaria e militare americana era un mero fatto che il socialismo di Stato in Unione Sovietica e in Cina ora disponessero di più di un quinto delle terre emerse e di inestimabili tesori in forma di materie prime e di altre risorse, e li sottraessero alla loro presa, ragione sufficiente per dichiarare questi paesi nuovi nemici. La questione era soltanto come dovessero vendere questo modo di vedere alla scettica popolazione americana e come potessero instillare nell’opinione pubblica americana sufficienti paure e angosce da imporre il finanziamento di un durevole stato di guerra contro il ‘totalitarismo comunista ateo assolutamente malvagio’.

Proprio nel senso della dottrina Truman escogitata dal segretario di Stato Dean Acheson, l’apparato di propaganda del governo cercò di conquistare l’opinione pubblica alla sua guerra fredda contro i comunisti ‘atei e malvagi’ nell’Unione Sovietica. Crederono che, se avessero ‘terrorizzato gli americani fino al midollo’, come pensava uno dei consiglieri di Truman – magari accendendo una ‘isteria di guerra per ingannare la nazione’, avrebbero potuto muovere l’elettorato verso il consenso a un aumento gigantesco del bilancio militare [16].

Nelle sue memorie Dean Acheson ammette: “Il compito di un funzionario pubblico che miri ad ottenere appoggio per un’importante strategia politica non è quello dello scrittore di una tesi di dottorato. Per imporsi nel merito deve subordinare l’erudizione al linguaggio semplice, l’esattezza e la sfumatura alla nettezza fino alla brutalità”[17]. Il ministro della propaganda del Terzo Reich, Joseph Goebbels, non avrebbe potuto esprimersi meglio.

Necessari nuovi metodi radicali

Poi però, dopo tre decenni di guerra fredda, lo Stato nazionale di sicurezza si vide esposto a un attacco profondo da parte della stessa popolazione statunitense. Qualcosa di radicale doveva accadere. Ciò che venne in mente ai responsabili fu un uso dei trucchi della propaganda del dopoguerra e di particolari manovre ingannevoli: la fondazione di ONG apparentemente private, legate segretamente alla CIA e al Ministero degli Esteri. Le organizzazioni chiave qui erano il National Endowment for Democracy e la sua controparte repubblicana, il Center for International Private Enterprise (CIPE). Il secondo dichiarava di promuovere nel mondo la democrazia “mediante l’economia privata e le riforme orientate al mercato” con particolare attenzione alle indagini sui casi di corruzione. In seguito gli avversari stranieri della politica USA sarebbero stati presi di mira con questi tipici strumenti.

Tra le organizzazioni figlie del NED c’era anche il National Democratic Institute (NDI), nel 2016 sotto la presidenza di Madeleine Albright, che nel 1999, durante il bombardamento illegale della Serbia sotto Bill Clinton, era ministro degli esteri. Sul suo sito web il NDI descrive se stesso come “organizzazione non profit, apartitica, con lo scopo di promuovere e rafforzare nel mondo le istituzioni democratiche mediante la partecipazione dei cittadini, la trasparenza e la responsabilizzazione statale”[18]. Ciò che vi è taciuto è che la ‘responsabilizzazione’ si riferisce solo a precisi Stati ,come Russia e Cina, che sono d’ostacolo alla politica estera di Washington.

Uno dei primi maggiori obiettivi del NED appena istituito e delle sue ONG subordinate per la ‘promozione della democrazia’ consistette nel promuovere la disgregazione dell’Unione Sovietica dopo il 1989. Lo scopo di Washington dopo la dissoluzione dell’URSS consisteva nel rompere l’Unione in frammenti che in seguito avrebbe potuto controllare. I gruppi USA dovevano poi poter fare bottino con la privatizzazione di massa. Boris Eltsin e i suoi consiglieri economici russi erano la ‘squadra dei sogni’ di Washington, come si espresse l’allora ministro delle finanze Larry Summers. Ciò che Washington commise contro la Federazione Russa appena sorta e contro le altre nuove repubbliche della ex Unione Sovietica eccede anche i peggiori incubi dell’era sovietica. Fu chiamato ‘promozione della democrazia’ ed ‘economia di mercato’.

[1] David Ignatius, Innocence Abroad: The New World of Spyless Coups, Washington Post, 22. September 1991, https://www.washington.com/archive/opinions/1991/09/22/innocence-abroad-the-new-world-of-spyless-coups/92bb989a-de6e-4bb8-99b9-462c76b59a16/?utm_term=.d25140e1f654 .

[2] Ibid.

[3] John Prados e Arturo Jimenez-Bacardi, Gerald Ford White House Altered Rockefeller Commission Report in 1975 Removed Section on CIA Assassination Plots, 29. Februar 2016, National Security Archive Briefing Book No. 543, http://nsarchive.cwu.edu/NSAEBB/NSAEBB543-Ford-White-House-Altered-Rockefeller-Commission-Report/ .

[4] Robert Parry, CIA’s Hidden Hand in ‘Democracy’ Groups, 8. Januar 2015, https://consortiumnews.com/2015/01/08/cias-hidden-hand-in-democracy-croups/ .

[5] Joshua Muravchick, Exporting Democracy: Fulfilling America’s Destiny, The AEI Press, Washington 1991, p. 204.

[6] Wolfgang Kurt Kressin, B. S., Captain, U. S. Air Force: Prime Minister Mossadegh and Ayatullah Kashani from Unity to Enmity: As Viewed from American Embassy in Teheran, June 1950 – August 1953, http://www.dtic.mil/tr/fulltext/u2/a239339.pdf .

[7] Elisabeth Malkin, An Apology for a Guatemalan Coup, 57 Years Later, The New York Times, 20. October 2011, http://www.nytimes/2011/10/21/world/americas/an-apology-for-a-guatemalan-coup-57-years-later.html .

[8] Edgar Allan Poe, The Purloined Letter, 1845, http://americanliterature.com/author/edgar-allan-poe/short-story/the-purloined-letter .

[9] Inderjeet Parmar, Foundations of the American Century: The Ford, Carnegie, and Rockefeller Foundations in the Rise of American Power, Columbia University Press. New York 2012. P. 97.

[10] Ibid.

[11] George Kennan, Policy Planning Study 23 (PPS/23): ‘Review of Current Trends in U.S. Foreign Policy’, pubblicato in Foreign Relations of the United States, 1948, Vol. I, pp. 509-529, classificato come “Top Secret”, ma in seguito declassificato.

[12] P. M. H. Bell, The World Since 1945: An International History, Hodder Arnold, Oxford 2001.

[13] Notizie più precise sulle operazioni dei servizi segreti britannici in cui si impiegò una Mata Hari britannica di nome Evelyn Paterson per muovere l’influente isolazionista Vanderberg verso un atteggiamento filo britannico si trovano in Thomas E. Mahl, Desperate Deception: British Covert Operations in the United States, 1939-1944, Brassey’s, London 1998, pp. 150-154.

[14] Stephen Ambrose, citato in Reza Zia-Ebrahimi, Which episode did more to consolidate the Cold War consensus: the Truman Doctrine speech of March 1947 or the Czech crisis of Februar-March 1948?, Januar 2007, http://www.zia-ebrahimi.com/truman.html .

[15] George F. Kennan (Mr. X), The Sources of Soviet Union Conduct, Foreign Affairs, vol. 25, no. 4, luglio 1947, pp. 566-582. L’articolo fu redatto da George F. Kennan per l’inviato designato dell’ambasciata USA in URSS (1944-1946), vice ambasciatore W. Averell Harriman.

[16] Cfr. John Lewis Gaddis, The United State and the Origins of the Cold War, Columbia University Press, New York 1972; Richard M. Freeland, The Truman Doctrine and the Origins of McCarthyism, NYU Press, New York 1989; Frank Kofsky, Harry S. Truman and the War Scare of 1948: A Successful Campaign to Deceive the Nation, Palgrave Macmillan, NY 1995.

[17] Dean Acheson, Present at the Creation: My Years in the State Department, W. W. Norton, New York 1969, pp. 374 sgg.

[18] CIPE, http://www.movedemocracy.org/our-partecipants .

Ong e migranti, il testimone: “Macché salvataggi, vi svelo i traffici”

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Parla un addetto alla sicurezza sulla nave di ‘Save The Children’. “Un sistema di contratti milionari che si regge anche sull’omertà”

Roma, 12 agosto 2017 – «Diciamo la verità: ho visto pochi migranti in pericolo di vita. Non abbiamo mai salvato qualcuno che stesse morendo in mare». A parlare è una persona che le operazioni di soccorso nel Mediterraneo le ha viste da vicino, da addetto alla sicurezza su Vos Hestia, nave di Save the Children (Stc). Quello che racconta lo ha denunciato all’Aise, il servizio segreto per l’estero. Il nostro interlocutore vuole restare anonimo: il suo sfogo tocca tasti molto delicati.

Quanto è stato a bordo? Che mansioni aveva?

«Sono rimasto poco più di un mese, tra settembre e ottobre 2016. Mi occupavo della sicurezza a bordo di Vos Hestia».

Che cosa ha visto durante i soccorsi in mare?

«Diciamoci la verità: pochi sono in pericolo di vita. Una volta abbiamo preso un battello con gente in buone condizioni. A dieci minuti dalla costa libica, non in alto mare. Quell’operazione l’ha voluta Save the Children direttamente da Londra, mentre tutti gli altri uffici europei erano contrari».

Altre incongruenze?

«Ricordo che avevamo una mediatrice culturale inglese brava, parlava arabo. A un certo punto sbarca e al suo posto arriva un ragazzo italo-eritreo. Guarda caso… due giorni dopo che si fa? Si becca un barcone di eritrei. E fu il team leader di Stc a dare al comandante l’esatta posizione del barcone».

C’erano confronti con le altre Ong?

«Sembrava una gara ad arrivare primi. Per me aveva un atteggiamento strano Iuventa (nave della Ong tedesca Jugend Rettet, ndr ), troppo piccola. Si capiva che faceva da appoggio. Una volta eravamo in Libia con altre Ong, ma non si vedevano gommoni. Poi un giorno chiama Iuventa e dice ‘abbiamo 400 persone a bordo’. Ma noi in cinque giorni non avevamo visto nessuno! E poi, se carichi tutte quella gente, mi dici dove stanno i battelli che hanno usato? Allora vuol dire che glieli hanno portati gli scafisti».

Quindi esistono rapporti tra alcune organizzazioni e scafisti?

«Sono evidenti. Spesso è lo scafista che dà la posizione con il telefono satellitare, non sono certo i migranti. Quando si trova un gommone con decine di persone a bordo sembra quasi che si siano dati appuntamento…».

Nessuna Ong da salvare?

«Forse qualcuna potrebbe essere animata davvero da spirito umanitario. Ma questo discorso di andare sulle coste libiche non sta né in cielo né in terra. Su migliaia di persone soccorse forse solo il 20-25% era meritevole di aiuto».

E gli altri chi erano?

«Abbiamo caricato giovani magrebini che erano stati espulsi dall’Italia, per loro quello era l’unico modo per provare a rientrare. Ma dico io, chi c… abbiamo portato in Italia?? Non abbiamo portato i siriani disperati o quelli del Mali che scappano dalla fame. Per me è stato personalmente anche un problema di coscienza».

Vi sentivate responsabili di una situazione più grande di voi?

«Io mi sentivo anche un po’ complice di un’attività vergognosa. Non lo tolleravo. Con Stc c’erano scontri anche perché non potevo riferire nulla alle autorità di porto o di polizia. Il senso della loro politica mi è sembrato ‘più nascondi e meglio è’. Non abbiamo neanche potuto avvertire Medici senza Frontiere che un ragazzo che avevano avuto a bordo aveva una grave forma di tubercolosi».

Vi trattavano da estranei?

«Sì, era palpabile, non ci volevano a bordo. Ha insistito l’armatore. Non so se posso esprimermi in questi termini, ma noi italiani eravamo un po’ merda diciamo… So da chi è ancora a bordo che vogliono sostituirli con un team inglese».

Lei crede che alla fine si riduca a una questione di affari?

«Sono stato 30 anni in polizia, so come vanno le cose: bisogna sempre seguire la pista dei soldi. Io vorrei capire: il ministero dell’Interno quanti soldi ha dato a Stc? Perché questa voce non esce? A bordo mi hanno detto che sono operazioni da mezzo milione al mese, 6 milioni l’anno solo per Save the Children. E questi soldi arrivano dalle istituzioni. Stc riceve anche molte offerte: immagino che a costo zero recuperino milioni e milioni. Su questo ho una mia idea personale…».

Quale?

«Dei migranti, alle Ong, non gliene frega un cavolo, è solamente un business del momento. Ma non nascondo che c’è anche un po’ di timore a dire certe cose».

Di che cosa avete paura?

«Siamo stati minacciati. Io e altri colleghi abbiamo lavorato davvero in un periodo stressante e duro. Poi abbiamo detto ‘basta’, non si poteva andare avanti. Si vedono troppe porcate».

In concreto?

«Ricordo un’operazione di supporto a Iuventa. Erano 140 migranti. Poco prima del nostro arrivo si è allontanato a forte velocità un barchino con un altro a traino, con due libici a bordo. Non l’ho visto solo io, ma una nave intera, il comandante, gli operatori di Save the Children. Ma nessuno dice cosa ha visto, è questo che mi fa incazzare».

Perché non lo dicono?

«Eh, perché se il comandante dicesse una cosa del genere, per chi ha fatto il contratto con Save the Children sono soldi persi… L’anno scorso la nave, dell’armatore olandese Vroon con sede italiana a Genova, era rimasta ferma per quattro mesi ad Alessandria d’Egitto. Mi hanno detto che non aveva lavoro! E poi le piove dal cielo un contratto, dicono, da 500mila euro al mese…. Non può rischiare di perderli».

C’è anche un aspetto politico oltre che economico?

«Sa su cosa è rimasta fottuta Save the Children? Sul fatto che la nave è italiana. Avrebbero voluto un equipaggio inglese e invece sono stati costretti a prendere un medico italiano e noi della security – che poi in realtà saremmo stati assunti come ‘consulenti per la sicurezza’».

Come si sente ripensando alla sua esperienza?

«È un casotto . Ma denuncerei ancora quello che ho visto anche se non lavorerò più su una nave. Le nostre vite sono state messe a rischio. Una situazione vergognosa».

Link > tratto da QUOTIDIANO NAZIONALE del 11 agosto 2017

Le ONG umanitarie 3. George Soros e la crisi europea dei rifugiati

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Terzo post di tre, articolo tratto da LA STAMPA del 08/05/2017

Nel panorama frastagliato delle Ong umanitarie che abbiamo delineato nei post precedenti, già emergeva il ruolo centrale del controverso magnate, finanziere e ‘filantropo’ americano di origini ungheresi George Soros,  e della sterminata rete di Ong che fanno capo alla sua Open Society FoundationsOSF basata a New York, con le sue varie diramazioni che si estendono in 37 paesi.

Attiva dal 1983 come Soros Foundation in Ungheria e presto nell’Europa Centrale e Orientale per ‘aiutare a uscire dal comunismo e diffondere ideee anti-totalitarie e capitaliste’, diventa Open Society nel 1993 ma solo nel 2010 Open Society Foundationsche raggruppa tutte le fondazioni nel frattempo sparse nel mondo, enorme rete a sostegno dei Democratici in patria e di una globalizzazione economica e politica, liberista, ‘imperiale’ e anti-Russa  nel mondo –   ben oltre la “ Open Society and its Enemies”, il libro di Karl Popper del 1945  dal quale si è ispirato il suo nome.

Negli Usa la vasta rete dell’OSF funziona da supporto al partito Democratico e alla sua politica. Nel resto del mondo, con l’appoggio del Dipartimento di Stato e di organismi bipartisan come NED-National Endowment for Democracy e USAID (braccio pubblico della CIA) ha un ruolo centrale nel supportare la politica estera americana, fino al sostegno di ‘rivoluzioni colorate’ e regime change.   Clamoroso il caso dell’Ucraina.

La sua estensione in Europa, l’Open Society Policy Institute di cui abbiamo parlato nel post n.2, programmaticamente si propone di  “ influenzare e dare forma alle politiche dell’Unione Europeaper assicurare che i valori della società aperta siano al cuore dell’azione dell’UE, sia all’interno che all’esterno dei suoi confini”. Aperta anche all’immigrazione, centrale negli obiettivi e nelle azioni dell’ OSF e delle sue Ong . Umanitarie, ma fino a un certo punto. Obiettivi umanitari, politici e economici si intrecciano.

SOROS, MIGRANTI E RIFUGIATI.

Tenendo anche conto dell’invecchiamento della popolazione in Occidente, specialmente in Europa, e della bassa natalità, aprire le porte agli immigrati è essenziale per il sistema economico-finanziario e per l’élite che lo governa di cui Soros è uno dei fulcri. Oltre ad essere un modo per alleggerire la pressione in regioni (il M. O., l’Eurasia) e continenti (l’Africa) dove sono in atto interventi e guerre che sono parte integrante della strategia geopolitica  americana e occidentale. Anche in funzione di contrasto dell’espansione della Cina e dei paesi BRICS. Vedremo come questi scopi di fondo si mescolino a interessi diretti delle corporations.

Lo scorso settembre (2016), nel pieno della crisi europea dei rifugiati, mentre Angela Merkel si pentiva pubblicamente di aver accolto l’anno prima un milione di profughi in Germania, sul Wall Street Journal  appariva un editoriale a firma George Soros in cui il finanziere   annunciava che avrebbe investito $500 milioni per incontrare i bisogni di immigrati e rifugiati, spiegando il perchè del suo gesto.  L’America era in piena campagna elettorale, e l’immigrazione era un tema cruciale nella campagna della destra nazionalista e anti-musulmana di Donald Trump.

“Confermando ancora una volta di essere il silente burattinaio dietro alla crisi europea dei rifugiati…” scriveva Zerohedge – forse esagerando – nel  raccontare  la novità non da poco.   E richiamava quanto emerso in proposito un mese prima dai DCLeaks,oggetto di un post precedente dello stesso ZH , molto pesante nell’insinuare la parte giocata dal finanziere nelle crisi degli immigrati.  

Soros e  la crisi europea.

La crisi dei rifugiati in Europa è la ‘nuova normalita’ e dovrebbe essere accettata in quanto tale;  

l’OSF ha avuto successo nell’influenzare la politicaglobale dell’immigrazione;  

la crisi europea dei rifugiati presenta‘nuove opportunità ‘per l’organizzazione” .  

Questi i tre punti chiave, segnalati da Zerohedge, nel memo di 9 pagine del 12 maggio (Migration Governance and Enforcement Portfolio Revew) scritto da due funzionari dell’OSF e trapelato dai DCleaks, i files piratati e resi pubblici da un gruppo americano (vedi post n.2), in piena campagna elettorale, una vasta parte dei quali sono i Soros Leaks.  

Nell’introduzione, gli autori del memo parlano dell’ efficacia degli approcci che hanno  adottato “per ottenere un cambiamento a livello internazionale”. E in una sezione intitolata Our work, il nostro lavoro, descrivono come abbiano lavorato ‘con leaders sul campo’, per “dar forma alla politica dell’immigrazione e influenzare i processi globali che si ripercuotono sul modo in cui l’immigrazione è governata e sostenuta”.  

“Ciò può essere interessante soprattutto per i tedeschi, alla maggioranza dei quali non piacciono le politiche della ‘porta aperta’ della Merkel, specie dopo i recenti attacchi terroristi in Germania”, commenta ZH, alludendo a un influsso diretto della OSF sulla politica della Cancelliera (che nel frattempo stava correggendo il tiro, premuta dalla sua opinione pubblica).  

“Dobbiamo sostenere personaggi sul campo che si attivino per cambiare politiche, regole e regolamenti che governano l’immigrazione” si legge nella sezione Our Goals, i nostri obiettivi. E più avanti “ Abbiamo sostenuto iniziative, organizzazioni e reti il cui lavoro si lega direttamente ai nostri scopi nei corridoi” .  

In un’altra sezione si cita l’IMI [ International Migration Institute che fa capo all’università di Oxford, UK] che inizialmente aveva identificato alcune organizzazioni capaci di impegnarsi sull’immigrazione a livello globale e internazionale…. E ha avuto un ruolo centrale nello stabilire e suggerire gli obiettivi di due nuovi fondi [del Programma Europeo per l’Integrazione e la Migrazione] sul Sistema Comune Europeo di Asilo (CEAS) e la detenzione degli immigrati.  

Ancora più importante, sottolinea ZH, è il fatto che il memo “spiega come la crisi europea dei rifugiati stia aprendo le porte per l’organizzazione di Soros per influenzare ulteriormente la politica globale dell’immigrazione.”

_ “La crisi dei rifugiati – si legge – sta aprendo nuove opportunità per ‘un coordinamento e una collaborazione’ con donatori abbienti”.  

_ “I governi devono giocare un ruolo di leader nell’affrontare la crisi creando un’infrastruttura fisica e sociale per migranti e rifugiati. Ma è necessario anche incanalare la forza del settore privato”.  

Nelle conclusioni,  si ribadisce la necessità di accettare l’attuale crisi europea come “nuova normalità’.  

…Guardando le risposte dei nostri partner, osserviamo che poca attenzione viene data a una pianificazione a lungo termine o ad approcci fondamentalmente nuovi al patrocinio”. Si mette poi l’accento sul bisogno di respingere la “crescente intolleranza nei confronti dei migranti”. Come?  

Per promuovere l’agenda Rifugiati l’organizzazione di Soros ha bisogno di alleati. 

Nel post n. 2 abbiamo visto come l’ Open Society European Policy Institute  abbia: Predisposto un memo intitolato “Alleati affidabili nel Parlamento Europeo  2014-2109″ in cui annota l’importanza di costruire ‘relazioni durature e degne di fiducia’ con europarlamentari ‘credibili nel sostenere il lavoro di Open Society’. Una sorta di mappatura degli europarlamentari attuali già convinti o propensi ad appoggiare i valori della Open Society (è il file centrale dei tre che vengono fuori, qui un nudo elenco dei 226 nomi). Ce n’è abbastanza per tornare all’editoriale del WSJ, e capirne meglio il senso. 

SOROS AL WSJ: perché investo $500 milioni sui migranti  (fatelo anche voi, è pure un business).

Soros richiamava la Call for action – la chiamata all’azione del presidente Obama, che aveva chiesto ai privati di giocare un ruolo più incisivo nel venire incontro ai problemi posti dall’immigrazione forzata. Decine di milioni di persone che   fuggono dai loro paesi in cerca di una vita migliore altrove, scappano da guerre o regimi oppressivi, o sono indotti da povertà estreme, premetteva il finanziere.  

“Come risposta ho deciso di destinare $500 milioni ad investimenti indirizzati ai bisogni di migranti, rifugiati e comunità ospiti.  Investirò in startups, società già esistenti, iniziative di impatto sociale e business fondati dagli stessi migranti e rifugiati. Sebbene la mia preoccupazione principale sia aiutare migranti e rifugiati che arrivano in Europa, cercherò buone idee che li aiutino in tutto il mondo”.  

Tra gli esempi Soros citava l’emergente tecnologia digitale, promettente nell’offrire soluzioni a problemi che si trovano ad affrontare i profughi, come riuscire a contattare i governi o i servizi legali, finanziari, sanitari. Società d’affari – scriveva – stanno già investendo miliardi di dollari per sviluppare tali servizi per comunità di non-migranti.    

Soros citava il denaro che si muove istantaneamente via smartphone, gli autisti che trovano clienti nello stesso modo,  e come un dottore in America può avere un paziente in Africa. “Estendere queste innovazioni ai migranti aiuterà a migliorare la qualità della vita a milioni nel mondo”, scriveva.

Eppure il finanziere-filantropo sentiva il bisogno di rassicurare sul fatto che “da lungo tempo campioni della società civile, assicuriamo che il nostro investimento conduca a prodotti e servizi che beneficino davvero i migranti e le comunità ospiti”  Non solo.

“Lavoreremo a stretto contatto con organismi come l’ufficio dell’Alto Commissario per i Rifugiati nell’ONU (UNHCR) e l’International Rescue Committee- Comitato Internazionale per il Soccorso per stabilire principi-guida ai nostri investimenti”.  

Benemerita OSF? In fondo non solo ‘salva’ i profughi ma li vuole aiutare a destreggiarsi. (Perché non aiutare invece i ‘poveri’ dei paesi europei? si chiede un post italiano di Orizzonte48. Osservazione pertinente che però ci porterebbe troppo lontano).  

Al di là delle belle parole, in quel che appare un appello ad altri investitori suoi pari affinché si uniscano alla sua missione, Soros sembra sottolineare molto chiaramente il ritorno economico della faccenda: migranti e rifugiati saranno e sono già oggi dei consumatori, utenti di servizi che i privati possono fornire, anche sostituendo servizi pubblici inadeguati o sicuramente meno efficienti, magari anche usufruendo di sovvenzioni statali/europee. L’immigrazione come business insomma, per chi sa coglierlo. Anche favorendo direttamente l’arrivo di migranti & profughi come sostiene ZH?  

TRAFFICI SOSPETTI CON LA LIBIA. Il dibattito ferve oggi sulle Ong che contribuiscono a salvare i profughi in arrivo in Italia dalla Libia, alimentato dalle destre pregiudizialmente anti-immigrati.  

GEFIRA, il sito che per primo ha monitorato tra ottobre e novembre 2016 il traffico di navi di alcune Ong che si spingono fin sotto le coste libiche ( ripreso da Zerohedge con aggiunte ), arrivando a indicare complicità con i trafficanti e con alcune capitanerie italiane; e  inducendo Frontex a preoccuparsi, già a dicembre 2016  segnalava il FT(qui e qui, qui già a dicembre 2015), citava alcune Ong ‘sospette’.

Tra queste Médicins Sans Frontères risulta effettivamente fra i partners dell’ Open Society Foundations, come segnalato nel nostro post n. 2. Mentre la maltese MOAS– Migrants Offshore Aid Station fondata dalla coppia Regina e Christopher Catrambone, che secondo ZH avrebbe donato $416.000 dollari alla campagna elettorale di Hillary Clinton, a sua volta avrebbe ricevuto $500.000 da AVAAZ, Ong legata a MoveOn.Org, organizzazione Democratica finanziata direttamente da Soros. I Catrambone hanno negato collusioni con trafficanti e ogni altra scorrettezza.

 

SERVIZI MINIMI MA UTILI AI PROFUGHI.

Privati e Ong intanto si stanno già dando da fare nel fornire quanto meno servizi minimi ai profughi, a quanto emerge da vari post di GEFIRA. Proponiamo la traduzione italiana fornita da associazioneeuropalibera. Abbiamo controllato i siti. E tuttavia, vien fuori che l’ “assistenza “di cui si parla non è una novità ma risale al 2015, anno della ‘crisi’ dalla Siria, via Turchia, dove venivano verosimilmante distribuiti i manuali multilingue ricchi di utili consigli di cui si parla. Del 16 settembre 2015 è del resto lo scoop di SkyNews a ‘scoperto’ i manuali. Che poi c’entri Soros è da dimostrare, SkyNews non ne parla. Se pure non riferite direttamente alla Libia,  appaiono notizie interessanti.

Il corrispondente di SkyNewsJonathan Samuels  e il suo team hanno scoperto un manuale cartaceo, stampato in arabo , sulla riva dell’isola di Lesbo, che fornisce ai migranti  informazioni dettagliate sui percorsi, numeri di telefono importanti, le organizzazioni non governative che aiutano i migranti e sui loro diritti in paesi di destinazione.  WatchTheMed (watchthemed.net e alarmphone.org) e  w2eu  (w2eu.info e w2eu.net) sono tra le organizzazioni elencate in questa guida approssimativa.

Il sito w2eu.info, in un post dal tiolo “informazione indipendente per rifugiati e migranti che arrivano in Europa”, ci racconta che intende sostenere gli sforzi dei migranti perché “la libertà di movimento è un diritto di tutti”. I suoi attivisti, che si trovano in differenti paesi UE, affermano che prestano il loro lavoro gratuitamente. Il sito fornisce informazioni su argomenti quali: i Contatti, una Panoramica, la Sicurezza in mare, il trattato Dublino III in materia di Asilo, Genere, Minori, Regolarizzazione, Detenzione,  Deportazione, Soggiorno, Famiglia, Assistenza medica, e Lavoro relativi a tutti i paesi dell’UE.

Per esempio, sotto il titolo di Sicurezza in mare, il migrante – al quale viene fornito un numero di emergenza satellitare  operativo h 24 – viene informato che può chiamare WatchTheMed, che a sua volta informerà dell’avaria o del naufragio la Guardia Costiera, coordinerà l’operazione di salvataggio delle imbarcazioni in pericolo; diffonderà tra i media la notizia ed eserciterà una pressione (morale) sulle autorità centrali o locali perché agiscano.

Sotto il titolo Genere i migranti vengono  ragguagliati  sui loro diritti; per esempio in Danimarca, dove, se dicono di essere perseguitati, discriminati, degradati o altrimenti trattati in modo disumano a causa del loro sesso o dell’orientamento sessuale, non saranno deportati. Alla voce Deportazione si indica al migrante come evitare di essere deportato o come rendere inefficace una tale decisione. Alla voce della Famiglia, per quanto riguarda l’Austria, si spiega come opera il diritto al ricongiungimento familiare. E così via.

Lo stesso sito fornisce volantini, istruzioni e “biglietti da visita” da stampare in lingue come l’inglese, il francese, l’arabo, il farsi il pashtu, tigrino (Etiopia ed Eritrea) e il somali. Il biglietto da visita di  WatchTheMed illustra l’allarme via telefono su un lato e una breve guida su due casi: Pericolo in mare e Pericolo di respingimento.

L’opuscolo intitolato “ I rischi, i diritti e la sicurezza in mare” (ci sono versioni per il Mediterraneo Occidentale, Centrale e per il Mare Egeo) fornisce istruzioni su come prepararsi per il viaggio in barca attraverso il mare. Al migrante è detto di assicurarsi che la barca sia in condizioni di navigare; che abbia abbastanza cibo, acqua e vestiario; che sia equipaggiata di GPS e di telefono cellulare con le batterie completamente cariche, con abbonamento pagato per le chiamate all’estero; gli si consiglia di informare i suoi parenti e amici nel paese di destinazione, nonché nel suo paese d’origine del luogo e dell’ora di partenza e di arrivo, in modo da sapere quando informare i servizi nel caso in cui l’arrivo stia ritardando; di avere a bordo segnali di allarme per attirare l’attenzione delle navi di passaggio, in quanto ogni capitano ha l’obbligo di salvare la gente di mare, quali che siano le loro nazionalità o status giuridico.

Ancora, lo si istruisce su come comportarsi durante le operazioni di soccorso e, una volta sul suolo europeo, come rivendicare il diritto di asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951. Ai migranti viene detto, senza mezzi termini, che cosa devono dichiarare per ottenere l’asilo, che viene concesso in caso di procedimenti giudiziari per razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o politico. Il migrante è inoltre incoraggiato a segnalare qualsiasi violazione dei suoi diritti.  

L’opuscolo intitolato “ Benvenuti in Grecia” dell’ottobre 2015, spiega che, anche se ai sensi del regolamento di Dublino, il migrante deve poter chiedere asilo nel primo paese in cui arriva, i paesi dell’UE non hanno ancora rinunciato a questa convenzione; viene suggerito senz’altro di procedere con il viaggio verso l’interno dell’Europa. Lo si informa, inoltre che ai migranti economici, non sarà concesso l’asilo; ancora una volta un chiaro accenno a cosa dire per essere accettato.  Si fornisce anche il calendario per i traghetti e le navi complete dei prezzi del biglietto. E ci sono informazioni sulla geografia di Atene, gli indirizzi di organizzazioni umanitarie e pure un breve elenco di frasi utili in greco.  Anche in questo caso, che c’entri Soros resta da dimostrare, sebbene lo zampino di qualche Ong ‘amica’  sarebbe coerente con la sua agenda.

E vero invece che nel 2015 l’ondata di profughi dal Medio Oriente via Turchia fu immane, provocando reazioni di rigetto in vari stati. La Germania ne accolse subito un milione, fino allo stop grazie all’accordo di Merkel con Erdogan che frutta tuttora alla Turchia €6 miliardi in tre anni. Versati dall’UE, non dalla Germania. La Libia tenta di emulare da Turchia? C’è chi lo sospetta.

 

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10/09/2017Soros e i migrantiPaolo Di Remigio ci propone la traduzione di un articolo di Tyler Durden tratto da Zerohedge, sul ruolo e le opinioni di Soros e della sua ONG (Open Society Foundations) a proposito del tema delle migrazioni. L'articolo è di un anno fa ma mi sembra offra interessanti spunti di riflessione. L'autore si basa su due documenti: uno è un memorandum prodotto all'interno della ONG di Soros...
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10/11/2017” Io, docente di una classe multietnica, vi spiego perché lo Ius Soli è una follia”Il mio ultimo post sull’inspiegabile campagna del Pd a favore dello ius Soli ha provocato molte reazioni, alcuni di voi mi hanno scritto anche privatamente. Tra queste una mi ha colpito in modo particolare. E’ la lettera scritta di getto di una docente, che ogni giorno insegna in classi ormai multietniche e che dunque vive con mano cosa significhi l’integrazione...
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29/12/2017LA SOCIETA’ MULTI-ETNICA NON PORTA SVILUPPO, MA DEGRADO. C’E’ LA PROVA SCIENTIFICA.“La UE deve scalzare la omogeneità nazionali … società di migranti si adattano più prontamente a chi viene da un diverso mondo culturale … è cruciale per la crescita economica”. Come ho raccontato è questa l’idea centrale di Peter Sutherland, l’uomo Bilderberg e Goldman Sachs che El Papa ha messo a capo del suo organo a favore delle migrazioni di massa...
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14/05/2018Immigrazione e capitale...egli fa un ritratto impietoso di una sinistra doppiamente ipocrita che rincorre i liberisti sul loro stesso piano abdicando totalmente ai suoi valori. Una sinistra che da un lato difende un’immigrazione senza limiti, dimenticando che questo significa generare una guerra tra poveri le cui prime vittime sono le classi locali meno abbienti assieme agli immigrati stessi. Dall’altro lato, una sinistra che tace sulle cause delle migrazioni: le invasioni e i bombardamenti dell’occidente. E’ ora di porre il tema dell’immigrazione al centro del dibattito politico, senza ipocrisie.

Le ONG umanitarie 2. La rete di George Soros

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Secondo post di tre, articolo tratto da LA STAMPA del 7 maggio 2017

Il molto discusso magnate, filantropo investitore di origine ungherese, che nel 1992 atterò sterlina e lira con le sue speculazioni, poco amato in Francia dove è stato processato per insider trading ai danni di Société Génerale, è molto più di un semplice donatore di ONG e promotore dei diritti umani ( qui il Soros benefattore raccontato da lui stesso).

Attraverso la sua Open Society Foundation sostiene una rete di centinaia di Ong che operano coprendo un enorme spettro di attività e con obiettivi spesso apertamente politici negli Usa e nel mondo. E collegamenti con i media .  

Proprio per questi motivi di lui e delle sue Ong si finisce per sapere di più, per via dei molti leaks, ultimi i DCLeaks, oltre che attraverso la stessa OSF e il suo braccio europeo, l’ Open Society Policy Institute. E’ un labirinto dove non è facile districarsi.  

LA RETE USA. Un post di Discover The Networks, apparentemente del 2011, pubblica un nutritissimo elenco delle Ong finanziate direttamente dalla OSF di Soros e in coda un gruppo più limitato che ricevono soldi da alcune delle prime.  Leggendo le brevi spiegazioni accluse a ogni titolo, par di capire che si tratta di Ong che operano fondamentalmente negli Usa.  

Da un post 2011 (linkato), di sorosfiles.com (sito di due documentatissimi attivisti diventati anti-Soros) si arriva a un elenco più limitato delle prime 150 Ong, con  indicate anche le somme versate a ciascuna, ma solo dal 2005 al 2009.

Scorrendo le liste salta agli occhi come tali Ong portino avanti tutti i temi di punta dei Democratici e/o sottendono fette di elettorato tradizionalmente Dem: anti-militarismo, contro la tortura, il razzismo e in generale contro l’agenda conservatrice; a favore di Palestinesi e Castro, pro-latinos, pro-musulmani,  e pro  immigrati e loro diritti; più, ovviamente, clima, ambiente, lavoro, diritti delle donne e LGBT, sanità, educazione, riforma della legge sulla droga – questa al secondo posto nei finanziamenti. Al primo posto una Ong sui media, con  $15 mil ricevuti 2005-09.   Tutti temi in sé cari ai sinceri democratici e progressisti, americani e non solo, per lo più fatti propri  dai media mainstream. Schierati – come Soros- contro gli argomenti nazionalisti, anti immigrati e anti musulmani della destra di Trump.  

Soros filantropo ‘di sinistra’ disinteressato?   Vediamo.  

Un altro post di sorosfiles non solo conferma quel che appare intuitivo: che il miliardario con la sua fondazione – oltre a finanziare direttamente il partito dell’Asinello, che figura nella lista – è diventato una potente macchina di creazione del consenso a favore dei Democratici.

Ma il post va oltre e spiega gli strettissimi legami, politici ed economici fra il finanziere e Obama (non personali, riteniamo). Racconta come da documenti erariali del 2010 Soros avrebbe (noi usiamo il condizionale) espanso il suo impero negli Usa usufruendo di fondi della legge che varava aiuti all’economia nota come ‘Obama stimulus’.    

La OSF insomma – sintetizziamo – usava i beneficiari delle sue Ong per fare lobbying e acquisire contratti pubblici legati alla formazione, la green economy ecc. . Portando avanti i temi Dem e conquistando elettori al partito mentre allargava la propria influenza, guadagnandoci pure sopra.

Che Soros abbia sostenuto fortemente Hillary Clinton alle ultime elezioni è del resto noto. D’altra parte sul fronte opposto, quello della destra repubblicana di Donald Trump, con il sostegno di altri miliardari come i fratelli Koch e i Mercer e di think tanks conservatori, si è dato vita a una rete non così fitta ma aggressiva e alla fine vincente, come si è visto ( qui e qui Underblog).

La RETE ESTERA. Già nella lista citata spuntavano alcune Ong attive fuori dagli Usa: il ministero dell’Educazione della Liberia, l’Università Europea di San Pietroburgo, la Baltic American Partnership, che gode anche di finanziamenti dell’USAID, braccio semipubblico della CIA nel mondo . E l’International Crisis Group, citato sopra, che ha come scopo “la ricerca e il sostegno nelle crisi e nei conflitti armati”, si legge enigmaticamente in un’altra lista, questa ufficiale dell’Open Society Institute a proposito delle partnership dell’organizzazione.

Numerosissimi i partners citati, dalla Banca Mondiale a WHO, UNICEF, UNESCO, OSCE, UE, Consiglio d’Europa; e organizzazioni governative, governi, fondazioni private americane ed europee, istituzioni educative e università (fra queste Columbia, Oxford, Cambridge, Ottawa, Maastricht University).

Tra le Ong partner figurano anche HRW, Médécins sans Frontières, il sito di analisi politica Project Syndicate, Refugee International, per “l’assistenza e la protezione dei rifugiati”; le branches locali di Transparency International contro la corruzione, e Policy Association on Open Society per “promuovere la democraziona nell’Est Europa e ex Urss”.  Esempi dall’elenco di per sè parziale, ammette  la fonte.

Nutrito l’elenco delle Ong finanziate dall’OSF fino al 2014 emerso dai DCLeaks nel 2016, a cui rimandiamo.  The Saker (sito vicino alla Russia) che ne pubblica una parte ne sintetizza gli obiettivi attraverso le parole chiave: diritti umani, delle donne e LGTB, notizie alternative (pur avendo ottimi rapporti con i media mainstream, osserva il post), uguaglianza di genere, minoranze, democrazia. E immigrazione. In pratica cercano di influenzare gruppi di sinistra, governi femministe, migranti, gypsies, giornalisti nonché partiti nuovi (citati il M5S, Podemos e Syriza – ?!?). Deprecano la destra, il fascismo, la Russia, l’Ungheria di Orban, qualsiasi cosa resista all’UE”.  The Saker elenca anche varie tecniche di influenza.

Nell’elenco molte Ong che operano in Europa, specie nell’Europa dell’Est, prima la Polonia,  e una dozzina  specificamente ‘Europee’, più Transparency Intl- Liaison Office to UE, Young European Federalists, e Alter EU, presente nei 28 paesi UE,  per conquistare alle idee a ai valori di OSF i candidati all’Europarlamento.  

In questo contesto fa un po’ sorridere che le tre organizzazioni italiane nella lista siano l’Associazione Upre , che promuove la cultura Rom e le relazioni interculturali; l’ Arcigay e l’Associazione 21 Luglio – queste presenti anche in un altro file dei DcLeaks che cita pure le somme elargite.

 

SOROS NEI DCLEAKS.  

“Migliaia di files interni alla OSF di Soros sono stati resi pubblici nel 2016 dopoessere stati piratati. Riuniti nel sito Soros DCLeaks contengono moltissime informazioniche dimostrano l’influenza che cerca di avere il miliardario mondialista (e pro immigrazione) nel mondo. I files si riferiscono al periodo 2008-2016” 

“Secondo le rivelazioni di DCLeaks questi documenti sono stati hackerati da un gruppo di attivisti americani che vogliono mostrare la realtà del ‘processo di presa delle decisioni” e dei ‘veri elementi della vita politica americana’”. Così un post francese (di Lucien Pons)

Il post segnala alcuni files di particolare interesse per gli europei.

$100 000 sono stati dati a United for Intercultural action per l’insieme dei paesi dell’UE. Obiettivo “Contrastare i partiti populisti in Europa in vista delle elezioni europee. In collaborazione con European Network against racist et Hope not Hate, United condurrà una campagna di comunicazione focalizzata specialmente su Francia, Grecia, Ungheria, Italia e Paesi Bassi”.  

$ 130.000 sono stati attribuiti al giornale EUObserver,  che aveva lo scopo di analizzare la montante “narrazione di odio” e combatterla, reclutando giovani giornalisti sul campo.

$49.500 sono andati a “Italiani alternativi” [sembra riferirsi non a un gruppo specifco ma a un programma e a vari gruppi] per “dare più importanza e tempo di parola ai senza voce, cioè migranti e giovani”. Per questa via attivisti italiani e volontari hanno ricevuto donazioni.

In tutta l’Europa, “centinaia di Ong ‘indipendenti’ lavorano con l’OSF , anche istituzioni come l’UE”- aggiunge il post francese. Uno dei progetti della fondazione è chiaro :”Fare accettare agli Europei i migranti e la sparizione delle frontiere”.

Si potrà essere o meno d’accordo, disturba l’interferenza.

 

Significativi gli obiettivi del suo Open European Policy Institute, il braccio Europeo  dell’OSF, raccontati ufficialmente sul suo sito

*Fornire prove e argomenti per dar forma a dibattiti politici e processi decisionali: 

*Collegare la rete di OSF con le istituzioni UE e gli Stati membri; 

*Impegnarsi in dibattiti sul futuro delle istituzioni UE e delle politiche per promuovere valori della società aperta; 

*Costruire solide relazioni con funzionari, politici, e altri protagonisti per mantenere le libertà civili, i diritti e e la giustizia nell’agenda europea. 

Non sorprende troppo scoprire che l’ Open Society European Policy Institute abbia preparato un memo intitolato “Alleati affidabili nel Parlamento Europeo  2014-2109″ in cui annota l’importanza di costruire relazioni’ durature e degne di fiducia’ con europarlamentari ‘credibili nel sostenere il lavoro di Open Society’.

La mappa tracciata offre una intelligence sui membri dell’8° Parlamento Europeo propensi a supportare i valori della Open Society nella legislatura 2014-2019.  Comprende 11 comitati e 26 delegazioni e i più alti corpi decisionali dell’Europarlamento: 226 europarlamentari sono/sarebbero  alleati o vicini all’Open Society. Qui la lista nuda e cruda,  qui il file originale dai Soros DCLeak con il lungo e dettagliato documento.

SOROS IN UCRAINA. Vi aveva dedicato un post Remocontro, il sito di Ennio Remondino, una mini-inchiesta sulle ong umanitarie e il ruolo di NED e CIA nel paese dove operavano ben 150 Ong.

“E’ ormai assodato che Soros è stato profondamente implicato nelle proteste di Maidan a Kiev e nel colpo di stato violento che ha cacciato un governo democraticamente eletto in nome dei “valori Europei …”, scrive Zerohedge.

“Dai recenti DCLeaks – leggiamo in un post linkato – si apprende che la rete di organizzazioni no-profit ha operato anche su membri UE per supportare una narrazione pro-Maidan  e per scoraggiare eventuali legami e sostegno alla Russia” (si fa l’esempio della Grecia e dei soldi ai media greci).

E ancora: “Oggi – prosegue ZH – nuovi documenti nella nuova tranche di 2500 files [i DCLeaks] mostrano l’immenso potere e controllo avuto da Soros sull’Ucraina anche dopo il sovvertimento del governo…Dai leaks emerge come “Soros e le sue Ong ebbero dettagliati incontri con i vari protagonisti del colpo di stato in Ucraina, dall’ambasciatore Usa Goffrey Pyatt e vari ministri ucraini …. Piani per minare l’influenza della Russia e i suoi legami con l’Ucraina sono al centro di ogni conversazione… L’Ong di Soros International Renaissance Foundation(IRF) gioca un ruolo centrale  nella costruzione della Nuova Ucraina, come Soros definisce il suo progetto”.  

Non stupisce che un anno dopo i fatti di Kiev Putin abbia bandito per legge una serie di Ong straniereha scritto il Guardian –  a cominciare dal NED, non proprio una Ong  come abbiamo visto ma finanziato direttamente dal Congresso Usa, a seguire Amnesty , HRW e varie Ong ucraine e polacche legate a Soros.  Lo stesso sta facendo la Cina, imponendo alle ONG stretti controlli di sicurezza. 

Post successivo: “Ong umanitari (3). George Soros, l’immigrazione e la crisi europea dei rifugiati”

 

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Le ONG umanitarie 1. Il complesso industriale dei diritti umani

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“La narrazione culturale classica appare del tutto innocente: miliardari caritatevoli, politici illuminati, società transnazionali, istituzioni pubbliche insieme a legioni di volontari lavorano insieme in nome della giustizia sociale per forgiare un mondo migliore,  aiutando i diseredati, difendendo i diritti umani contro genocidi e crimini contro l’umanità”.

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Articolo tratto da LA STAMPA del 07/05/2017

Non sappiamo se vi sia stata o meno collusione con scafisti o trafficanti di profughi da parte di qualche Ong. Scoprilo e sanzionarlp spetterà alla magistratura e soprattutto alla politica, magari con l’aiuto dell’intelligence e di Frontex – dai quali sembrano provenire le intercettazioni di cui si parla. 

Frontex già a fine 2016 aveva segnalato preoccupazioni su alcune Ong ( qui dal FT e qui), dopo che il sito GEFIRA aveva monitorato ivimenti di navi di Ong umanitarie che si avvicinavano molto alle coste libiche e sgnalato contatti sospetti cona terraferma (qui il post e video).  

Se l’operazione Mare Nostrum fosse continuata, estesa ad altri Stati europei, invece di delegare compiti forse eccessivi a Ong, senza regole certe né finanziamenti trasparenti, tanti problemi si sarebbero potuti evitare. Ma si sa, su immigrazione e rifugiati l’UE è assente. 

Qui tuttavia vogliamo solo tentare di far luce in generale sulle Ong umanitarie, quanto meno le più importanti, che negli anni hanno acquisito un nuovo ruolo di prolungamento delle politiche delle democrazie occidentali: sorta di PR, casse di risonanza, con l’aiuto dei media,  delle narrazioni che ne supportano la geopolitica e  sempre più legate ad istituzioni e governi – in testa quello americano – da loro finanziate insieme a privati e filantropi apparentemente disinteressati. Parte integrante del cosiddetto Soft power o Smart power.  

 Un intreccio dove un posto non di poco rilievo gioca il controverso finanziere George Soros con la sua Open Society Foundations , campione della Società Aperta globalizzata, che di Ong ne finanzia a centinaia e il cui interesse anche nella politica globale di migranti e rifugiati è lui stesso a spiegare come vedremo in un post successivo.  

L’incontro recente fra Soros e il presidente del Consiglio Gentiloni a palazzo Chigi, non sappiamo chiesto da l’uno o dall’altro, potrebbe costituire una ulteriore conferma. Di tutto questo si parla assai poco nel circuito mediatico mainstream.  

“La narrazione culturale classica appare del tutto innocente: miliardari caritatevoli, politici illuminati, società transnazionali, istituzioni pubbliche insieme a legioni di volontari lavorano insieme in nome della giustizia sociale per forgiare un mondo migliore,  aiutando i diseredati, difendendo i diritti umani contro genocidi e crimini contro l’umanità”.  

Una retorica cara specialmente alla sinistra democratica che ad un esame più approfondito presenta varie falle.  

Lo scriveva qualche mese fa un post intitolato Smart power & The Human Rights Industrial Complex,   allusione al cosiddetto complesso militar-industriale a cui finiscono per far gioco – consapevolmente o meno – tante Ong, a partire da alcune delle più note come Amnesty International e Human Wight Watch (HRW), dove i conflitti di interesse e intrecci finanziari e politici appaiono palesi.  

E lo  testimoniava anche un post francese che già nel 2010 prendeva di mira tre Ong (di nuovo Amnesty, HRW più FIDH- International Federation for Human Rights) in relazione agli interventi di Parigi in Mali, in un post intitolato Guerre de l’information. Au dessous del ONG, une vérité cachée.  

L’autore del primo post è Patrick Henningsen, scrittore e giornalista investigativo, fondatore  di 21st Century Wire –  sito associato all’alternativo Inforwars , scrive il Guardian,  e collaboratore di Russia Today   (il post è stato comunque rilanciato da un sito britannico e da Global Research).  

LA MUTAZIONE NEL XXI SECOLO  

“Sebbene tutte le Ong umanitarie si presentino come neutrali e non partigiane, la realtà è spesso diversa …. “Un aspetto difficile nell’analizzarle è che nella maggior parte di esse lavorano individui ottimi, ben educati, grandi lavoratori, molti dei quali sono spinti da vero altruismo e dalle migliori intenzioni. Per lo più sono inconsapevoli o disinteressati a chi finanzia le loro organizzazioni e cosa significhino tali legami finanziari per quanto concerne aspetti geopolitici o conflitti militari.” 

 “E’ certo vero che negli anni campagne sincere e dedicate hanno aiutato a liberare individui ingiustamente imprigionati e ottenuto processi e giustizia. Come è vero che molte organizzazioni hanno contribuito a prendere coscienza su molti importanti temi sociali e ambientali”. 

 Ma “a causa dell’accresciuto finanziamento da parte di interessi corporatee a legami diretti con governi e think tanks politici negli anni recenti queste organizzazioni sono diventate sempre più politicizzate e più strettamente connesse agli ‘agenti di influenza’ occidentali.   Col risultato che queste organizzazioni per i ‘diritti umani’ rischiano di contribuire ai problemi che credono di voler eliminare, attraverso la loro spesso involontaria ‘complicità’ nel sostenere obiettivi di politica estera di Washington, Londra, Parigi e Bruxelles” .“Il problema è sistemico e istituzionale”.

“Quello che nel XX secolo era una sorta di appendice di un emergente movimento progressista internazionale si è rapidamente espanso nel XXI secolo come un ‘terzo settore’ internazionalizzato multi-miliardario supportato da alcune delle corporations transnazionali leader nel mondo. Un impressionante labirinto, guidato da organizzazioni come Amnesty,   e HRW.  Ciascuna di queste organizzazioni ha legami diretti con governi centrali e, forse più sorprendentemente, collegamenti che conducono al cuore del [cosiddetto]complesso militar-industriale. Di qui l’espressione “Complesso industriale dei diritti umani”.  

Fa eco il post francese citato: “Infiltrate da rappresentanti governativi, prendendo parte a certi conflitti e ignorandone altri: in filigrana si disegnano i c ontorni di una strategia che è il riflesso della politica dei dipartimenti di affari esteri. Certi governi, come quello degli Stati Uniti del resto non si nascondono questa strumentalizzazione delle Ong ‘non governative’. L’ex segretario di Stato Colin Powell in un discorso indirizzato alle Ong all’inizio dell’Operazione Enduring Freedom  (l’invasione dell’Afghanistan) nell’ottobre 2001, anno cruciale,  dichiarava: ‘Le Ong sono un moltiplicatore di forza per noi, una parte estremamente importante della nostra squadra combattente’ ” .  

Una dichiarazione, quella di Powell,   che si può accostare a quella, molto citata dai siti alternativi, dell’ex comandate Nato Gen. Wesley Clark che sei anni dopo, in un discorso pubblico, citava una conversazione al Pentagono proprio del 2001 e un memo del Segretario alla Difesa secondo il quale nei successivi 5 anni gli Usa avrebbero attaccato e distrutto i governi di 7 paesi : Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan, Iran. En passant sia il Generale Clark che Soros figurano nel board of trustees dell’ International Crisis Group.
 

ESEMPI di allineamento.  

Il post francese punta il dito su report di Amnesty e HRW che hanno denunciato uccisioni e nefandezze da parte di truppe del Mali, di fatto accusando anche gli alleati  Francesi di quelle milizie, con lo scopo di allontanarli da quel territori, si affermava, per lasciare campo libero a interventi di altri (leggi US/Nato).

Nel 2012  il ‘caso Kony’.  Da un video presto virale negli Usa che accusava Joseph Kony, leader della Lords Resistance Army prende il via una campagna mediatica sulla necessità di un intervento occidentale per salvare bambini africani in pericolo. A promuovere la campagna è la Ong Invisible Children, che raccoglie finanziamenti anche nelle scuole. Kony in realtà non lo si vedeva in giro da anni. Ma Obama ha la scusa per dispiegare militari in Uganda ed espandere l’Africom.  

Sempre nel 2012 è Amnesty a lanciare la campagna Diritti umani per le donne in Afghanistan dove è in corso l’intervento  Usa /Nato. “ Keep the progress going”,   è lo slogan che accompagna immagini di donne in burqa azzurro. E’ la prima ‘guerra femminista’, ma nessuno scandalo fanno le 9000 vittime, molte civili (poi cresciute di numero).  

Nel 2011 un report su soldati Libici ‘drogati dal Viagra’ che violentavano le donne – rivelatosi fake – sembra validare la propaganda sulle ‘atrocità delle milizie di Gheddafi contribuendo a sollecitare l’intervento ‘umanitario’ Nato in Libia . La richiesta della no fly zone permette di bombardare l’esercito libico e far fuori il raiss.  

Report dimostratisi fake ce ne erano già stati in Iraq – militari di Saddam avrebbero rubato incubatrici dal Kuwait lasciando morire neonati, testimonianza di un dottore della Mezzaluna Rossa ‘verificata’ da  Amnesty; l’uranio yellow cake arrivato in Iraq per sviluppare le armi di distruzione di massa. E in Siria: il rapimento di un giornalista NBC da parte dei miliziani pro-Assad, liberato dai ‘moderati’ del Free Syrian Army;  le ‘barrel bombs’ sganciate a Kobane, col direttore di HRW Ken Roth che ha twittat immagini in realtà riferite a Gaza.  Tutti falsi.  

L’attacco al sarin di Damasco nel 2013 venne attribuito anche quello ad Assad, come riferito da HRW alla CBS. Accuse in seguito contestato da molte fonti autorevoli che hanno  invece accsato i ‘ribelli’.  Il sarin – l’avrebbe loro fornito la stessa Hillary Clinton allora titolare degli Esteri per incastrare Assad, ha scritto il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersch in un post tradotto da vocidall’estero. Probabili fake anche i video impressionanti e le foto prese altrove.  

La Siria dove la guerra perdura  è una miniera di report, e di fake. 

Il ‘caso Caesar’, esploso due giorni prima dell’inizio di colloqui di pace in Svizzera, dal nome in codice di un presunto fotografo siriano che avrebbe documentato con 55.000 foto torture ed esecuzioni su scala industriale di detenuti da parte di Assad. ‘Verificate’ da HRW, metà si rivelano foto di soldati morti sul campo. Dubbi sulle altre, c’era di mezzo la CIA.  

Il report di Amnesty sulle atrocità compiute dalle milizie governative, con accuse di violazione della legge internazionale sui diritti umani e crimini contro l’umanità . Un post documentatissimo di Tim Hayward, docente all’università di Edimburgo e direttore di Ethic Forum e Just  World Institute fa le bucce ai metodi adottati da Amnesty , che non soddisfano i loro stessi criteri.

Il medesimo autore in un altro post punta il dito su Médicins Sans Frontières che in un report   ha accusato il solito Assad di aver bombardato ospedali e civili. In realtà MSF non era sul campo – si trovava fra i ribelli da loro protetta – e si è basata sulla testimonianza dei White Helmets.  

 Gli stessi Caschi Bianchi sono la fonte della notizia del recente attacco chimico (al sarin? al cloro?) ad Idlib. News divulgata per primo dal Syrian Observatory on Human Rights  e poi da tutti i media, compresi i nostri, a base di foto e video fake  ad opera dei White Helmets, come  confermano medici di una Ong svedese.  

Del resto le principali Ong umanitarie, che già nei ’90 avevano appogiato la partizione dell’ex Jugoslavia, sostengono apertamente il regime change in Siria come in Libia, Ucraina e Yemen. In Siria presentando subito il conflitto come ‘guerra civile’, Ong umanitarie e media hanno fatto la loro parte nel divulgare un’importante narrazione della politica estera occidentale che ha impedito di conoscere la realtà, molto più complessa, e le complicità di Usa, Turchia e alleati.

FINANZIAMENTI  

Follow the money, scrive Henningsen, secondo il quale molte di queste entità ricevono grandi quantità di finanziamenti dalle stesse fonti, corporations transnazionali.  Quali? Un elenco dettagliato dei donatori in realtà non esiste,  e il finanziamento delle varie ONG è da sempre opaco, come denuncia anche il post francese.  Vale anche per le maggiori, Amnesty Intl , HRW e la stessa FIDH, la più antica. Malgrado la loro fama e i riconoscimenti da parte di ONU, Unesco, Europa. E vale anche per Médécins Sans FrontièresSave the Children ecc.

Fra i privati ai nostri post non  resta che segnalare il ruolo di finanziatore di George Soros. Sia Amnesty Intl sia HRW hanno ricevuto ciascuna  $100 milioni, riferiscono i due post pur . L’impegno di Soros a versarli a HRW  è del 2010 ( vedi anche qui).

Il molto discusso finanziere di origine ungherese, che nel 1992 atterò sterlina e lira con le sue speculazioni causando perdite ingenti ai due governi, e in Francia è stato addirittura processato per insider trading ai danni di SociétéGénerale, è molto più di un semplice donatore. Attraverso la sua Open Society Foundations sostiene una rete di centinaia di ONG che operano negli Usa e in tutto il mondo coprendo un enorme spettro di attività e obiettivi spesso apertamente politici.   Lo vedremo più avanti.  

Più trasparenti, abbiamo verificato, sono i finanziamenti pubblici alle organizzazioni umanitarie, monitorati da Globan Humanitarian Assistance – GHA che pubblica ogni anno un rapporto. Ma complessivo, senza citare alcuna Ong in particolare.  

Dal rapporto del 2015 si apprende che l’assistenza umanitaria nel mondo nel 2014  ha potuto usufruire di ben $24.5 miliardi, in crescita sull’anno precedente. Il 2013 è stato un anno di grandi trasferimenti di persone da Medio Oriente e Africa (12.3 milioni di profughi dal M.O., più degli 11.8 mil dal Sud Sahara), a ciò viene attribuita la crescita altissima di donazioni da parte di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti -UAE, diventati il 6° e il 15° donatore (+219% e + 317% rispettivamente. Che è una notizia.  

Chissà se il recente protagonismo dell’Arabia Saudita è da mettere in relazione con la sua elezione nel prestigioso Human Rights Council  dell’ONU (UNHRC), attraverso una negoziazione col Regno Unito, entrato nell’organismo internazionale insieme all’Arabia che poi ne ha addirittura conquistato la presidenza. Con un passaggio di soldi e favori fra i due Stati, ha raccontato il Guardian che parlava anche di una donazione araba di $1 milione all’UNHRC.  Molto recentemente l’Arabia Saudita, dove alle donne velatissime è persino vietato guidare l’auto, è diventata membro anche della Commissione ONU per i Diritti delle Donne, suscitando ovunque ilarità e sdegno.  

Nella mappa interattiva  del GHA con i contributi di tutti gli stati e dell’UE, svettano gli Usa, con $6 miliardi. Molto staccati gli europei, a parte GB ($2,3mld) che versa quanto le istituzioni UE e Germania ($1.2mld). Seguono i paesi nordici. L’Italia con i suoi miseri $378 milioni, è quasi alla pari dell’UAE , ma la Francia è a quota $472 mil, la Spagna si ferma a $220 mil. 

Si precisa inoltre che di tali finanziamenti, soltanto lo 0,2% va a finire a Ong locali e il 3.1% a governi di stati ‘bisognosi’.  

Il rapporto poi, pur molto ampio, si riferisce soltanto a finanziamenti pubblici in generale, non alle istituzioni di ciascun paese.

La FIDH per esempio, la più antica Ong internazionale che difende tutti i diritti, umani, civili, politici, economici, sociali, culturali e tiene insieme qualcosa come 178 organizzazioni di 120 paesi, riceve fondi dal Dipartimento di Stato Usa attraverso il NEDNational Endowment for Democracy, organizzazione bipartisan nata nel 1983 per ‘promuovere la democrazia nel mondo’ finanziata dal Congresso.

Quanto a Médécins Sans Frontières, secondo un rapporto del GHA citato nel 2010 da Libération intitolato “Finanziamenti privati: una tendenza emergente negli aiuti umanitari, quell’anno figurava al secondo posto delle più importanti Ong umanitarie in termini finanziari, con $1 miliardo di donazioni   ricevute. Fondi che superavano quelli degli aiuti del Regno Unito. In generale i finanziamenti privati erano saliti dal 17% nel 2006 al 32% nel 2010 ma per MSF rappresentavano il 90%. Chi fossero i donatori non viene detto.

Recentemente, riferisce nel 2016 Le Monde , MSF ha rifiutato €62 milioni da parte di istituzioni e paesi UE perché non condivideva la linea che si oppone all’accoglienza dei profughi. Cruciale è stato l’accordo con la Turchia, fortemente criticato dalla Ong francese. Nel 2015 aveva ricevuto 19 milioni  dalle istituzioni UE e 37 milioni da undici stati dell’Unione, più 6.8 milioni dal governo Norvegese.  MSF rifiuta anche quelli per il suo lavoro con Frontex . 

MSF figura nella lista ufficiale dell’OSF delle Ong ‘partners’ della Open Society Institute  di George Soros.  Non è specificato quali partners ricevano anche finanziamenti.

 

LE PORTE GIREVOLI.  

“Non è un segreto che ve ne siano fra il Dipartimento di Stato e molte delle le principali Ong occidentali per i diritti umani” scrive Henningsen. Il caso più clamoroso è quello di Suzanne Nossel, una delle sostenitrici delle cause umanitarie di più alto profilo a Washington, transitata direttamente nel 2012 dal posto di vice Segretario per le Organizzazioni internazionali al Dipartimento di Stato, assistente personale di Hillary Clinton ministra degli Esteri,  alla poltrona di direttore esecutivo di Amnesty Intl -Usa. Già capo operativo di HRW, vice presidente per la strategia e le operazioni al Wall Street Journal e consulente per la comunicazione e i media per McKinsey & Co, membro e finanziatore del Council of Foreign Relations, di cui Nossel è senior fellow. Con la Clinton Nossel era responsabile per i diritti umani multilaterali (qui la sua bio), vicina ai ‘falchi’ Samantha Power e Susan Rice e al meno noto Atrocity Prevention Board, comitato inter-agenzie che comprende anche funzionari dell’intelligence.  

“Nossel  è stata un elemento chiave, rappresentando un ponte per aiutare a progettare  a livello internazionale la comunicazione politica americana attraverso la Ong Amnesty” .  A lei si deve l’invenzione dell’espressione “ Soft Power”–  il modo ‘dolce’ di imporre il potere contrapposto alla modalità ‘hard’, militare –   cavallo di battaglia  della presidenza Obama.   ‘Washington deve offrire una leadership assertiva – diplomatica, economica e non ultima, militare – per portare avanti uno spettro di obiettivi: autodeterminazione, diritti umani, libero mercato, legalità, sviluppo economico e l’eliminazione di dittatori e armi di distruzione di massa’, ha scritto Nossel  a proposito dei compiti dei politici progressisti nel XXI secolo.  

Dopo Amnesty Nossel è diventata ed è tuttora direttore esecutivo del PEN America Center, la storica, influente associazione di scrittori e editori con diramazioni internazionali in 101 paesi. Scrittrice e blogger lei stessa, continua il suo attivismo per i diritti umani, sostenendo boicottaggi ad es dell’Iran o contro la partecipazione ai Giochi Europei, ‘consigliando’ agli Stati di fare altrettanto ( qui una bio di Nossel, qui un post sul doppio standard adottato).

Alle porte girevoli fra governo Usa e Human Wright Watch è dedicato un intero post di Countepunch (2014) in forma di lettera aperta al direttore Ken Roth (quello delle foto fake in Siria prese da Gaza, vedi sopra).  Per esempio Miguel Diaz, ex analista CIA cooptato nel board dei consulenti, poi tornato al Dipartimento di Stato come interlocutore fra intelligence ed esperti non governativi. Simile il percorso di Tom Malinowski, già direttore di HRW- Washington. E che dire di Mr Steinberg, passato da HRW alla poltrona di assistente di Samatha Power, ambasciatrice Usa all’ONU e noto falco .  Sono solo alcuni casi, scrive Counterpunch, che racconta varie prese di posizione contraddittorie della ong, per es. sulle renditions – detenzioni lunghe senza processo sotto Obama sulle quali HRW ha taciuto dopo aver denunciato quelle di Bush.  O le denunce contro Cuba e il Venezuela, ma non delle atrocità ad Haiti dopo il colpo di stato promosso dagli Usa.  

Notevoli anche   gli intrecci politici di AVAAZ, Ong internazionale fondata nel 2007 da ResPublica e Move.on (l’Ong di azione politica online degli attivisti Dem che riceverebbe fondi direttamente da Soros) sotto l’ombrello dell’ OSF del magnate, i cui fondatori hanno avuto tutti relazioni con ONU e Banca Mondiale, scrive Henningsen.   AVAAZ, che vanta 7 milioni di membri nel mondo e nel 2009 ha dichiarato di ricevere solo microdonazioni da simpatizzanti, opera con la società di PR Purpose , orientata al business; insieme usano i social media per campagne politiche ‘dal basso’ che preparano il terreno per programmi del FMI o della Nato, come sanzioni o interventi militari (vedi anche qui un post italiano). 

AVAAZ – secondo GEFIRA – avrebbe donato $500.000 al MOAS – Migrants Offshore Aid Station, l’Ong maltese fondata nel 2014 dalla coppia italo-americana Catrambone ale centro delle polemiche di oggi sui salvataggi di migranti dalla Libia.

A ricevere sostegno sostanziale dal Foreign Office britannico, oltre che fondi dalla UE , è il discusso SOHR – Syrian Observatory for Human Rights, distintosi nel fornire spesso informazioni ai media sulle presunte atrocità commesse dall’esercito regolare siriano (vedi sopra : era anche la fonte delle notizie sull’ultimo attacco chimico a Idlib.) Nata nel 2006, SOHR in realtà fa capo a un unico individuo, un siriano dissidente  di nome Osama Ali Suleiman ma noto come Rahmi Abdul Rahman che vive a Londra in un mini-appartamento di Covent Garden. > Post successivo “ONG umanitarie (2).La rete di George Soros”

 

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Ma chi paga le ONG per riempirci di immigrati?

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Le organizzazioni che aiutano gli scafisti tra Libia e Sicilia sono tedesche o americane con base a Malta. Tra i loro fondatori, gente dell’intelligence e contractor. Dopo le denunce si muove il Senato.

Milano 1 Aprile – Il 6 aprile inizieranno le audizioni della commissione Difesa del Senato che, dopo denunce giunte da più parti, ha deciso di aprire un’indagine sulle ong che operano nel Mediterraneo. Sono le organizzazioni che vanno a recuperare gli immigrati nei pressi delle coste libiche e poi li portano in Italia. Molte sono tedesche, gestite da privati. Altre fanno base a Malta, ma sono state fondate da americani. Altre ancora ricevono finanziamenti dalla fondazione Open Society del finanziere George Soros. Ecco, nome per nome, da chi è composta la flotta che giorno dopo giorno ci consegna centinaia di persone, trasformando l’invasione in realtà.
Alle 2.15 di domenica, una nave di Medici Senza Frontiere ha ricevuto una segnalazione dal Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo, si è diretta in acque internazionali di fronte alla città libica di Sabratha e ha recuperato 412 persone alla deriva a bordo di un barcone di legno. La nave in questione si chiama Prudence ed è un nuovo acquisto di Msf, una delle Ong più attive nel Mediterraneo. «La Prudence è una nave commerciale di 75 metri di lunghezza, che può ospitare a bordo 600 persone e altre 400 in caso di estrema necessità», ha spiegato Giorgia Girometti di Msf. «Con 13 persone dello staff a bordo, tra cui diversi italiani e 17 membri dell’equipaggio, la nave è equipaggiata per fornire primo soccorso ed è dotata di pronto soccorso, ambulatorio, farmacia e aree per trattare i casi più vulnerabili». Sempre domenica, la Ong ha recuperato altre 129 persone a bordo di un gommone. Dove si è diretta, poi? Verso l’Italia: lo sbarco era previsto per le 7 di ieri mattina a Trapani.

SOCCORSI QUOTIDIANI

La nave Aquarius

Ieri, invece, come riportato dall’Ansa, «è arrivata nel porto di Reggio Calabria la nave Aquarius di Medici senza frontiere con a bordo 645 degli oltre 1.900 profughi recuperati nel Mediterraneo centrale.

Sulla nave anche il cadavere di una donna, morta, presumibilmente, per schiacciamento nel gommone sul quale viaggiava». Si tratta delle stessa nave Aquarius che, domenica, assieme alla Juventa della Ong Jugend Rettet, ha soccorso e portato in Italia 645 persone. Sempre l’Aquarius, il 21 marzo scorso, ha attraccato a Catania portando 946 stranieri. Sapete che cosa significa? Che nonostante le ripetute denunce di Frontex (l’agenzia Ue che controlla le frontiere), le inchieste giornalistiche (compresa la nostra) e l’indagine aperta dalla Procura di Catania, le organizzazioni non governative continuano indisturbate a fare quel che vogliono nel Mediterraneo. Per l’esattezza, vanno a recuperare gli immigrati alla deriva sui barconi nei pressi della Libia e li portano a centinaia e centinaia sulle coste italiane. Parlare genericamente di Ong, tuttavia, può risultare fuorviante. Nel senso che sotto la generica sigletta potrebbe esserci qualunque cosa.

PROFESSIONE TAXI

Invece è bene andare a vedere quali sono, nello specifico, le associazioni che si occupano di traghettare qui gli stranieri. Cominciamo dalle più piccine. La prima è Jugend Rettet, associazione tedesca che appunto gestisce la nave Juventa. Sempre tedesca è la Ong che possiede la nave SeaEye. Attiva dal 2015, nel solo 2016 ha portato in salvo (cioè in Italia) 5.568 stranieri. Il sito Internet spiega che donando appena 1.000 euro si può finanziarie una intera «giornata di utilizzo della SeaEye al largo della Libia». Lo scrivono pure: lavorano nei pressi delle coste africane per portare gente qui. Un’altra organizzazione tedesca, sempre fondata e pagata da privati è Sea-Watch, che nasce esattamente quando il nostro Paese ha deciso di sospendere Mare Nostrum. Certo, temendo che le nostre navi smettessero di portare immigrati in Italia, questi volonterosi imprenditori tedeschi si sono subito mobilitati e si sono fatti la loro barchetta, onde essere sicuri che i flussi diretti verso il nostro Paese non cessassero. Come se non bastasse ecco qui Life Boat, altra Ong attiva nel Mediterraneo centrale e nata in Germania. E fanno quattro, tutte tedesche. Ma vediamo di proseguire, occupandoci delle organizzazioni più grosse. Tra queste, ovviamente, c’è Medici senza frontiere, che oltre alla nave Prudence armena entrata in attività gestisce, assieme a Sos

George Soros

Méditerranée gestisce la Aquarius. Sapete chi c’è tra i finanziatori di Msf? Facile: la Open Society Foundation di George Soros.

FRONTIERE APERTE
Un’altra Ong attiva nel salvataggio degli stranieri a bordo di bagnarole è Save the children, grazie alla nave Vos Hestia, che la Ong descrive orgogliosamente: «Lunga 59 metri, potrà accogliere fino a 300 persone per volta e si avvarrà di due gommoni di salvataggio gestiti da squadre specializzate». Indovinate chi c’è tra i finanziatori di Save the children… Bravi: la Open Society Foundation di George Soros. Sarà un caso che il magnate della finanza, grande sostenitore delle frontiere aperte, finanzi organizzazioni che vanno a recuperare gli stranieri vicino alle coste africane per portarli qui? Diciamo che la circostanza è perlomeno curiosa. Ora però viene la parte più interessante. A parte la Ong olandese Boat Refugee Foundation, che gestisce l’attivissima nave Golfo Azzurro, e la spagnola Proactiva Open Arms, che si appoggia alle Nazioni Unite tramite l’International maritime rescue federation, c’è un’altra organizzazione su cui vale la pena soffermarsi. Si tratta del Moas, che gestisce le navi Topaz e Phoenix.

AMICI MALTESI
Si tratta di Migrant Offshore Aid Station, una associazione con sede a Malta, fondata da Christopher e Regina Catrambone (lui americano, lei italiana, entrambi imprenditori). Christopher è stato tra i finanziatori di Hillary Clinton (donazione di 416.000 dollari per la campagna presidenziale). A sua volta, ha ricevuto 500.000 dollari di donazione da Avaaz.org, cioè una «comunità» fondata dall’organizzazione Moveon.org. E sapete a chi fa capo quest’ultima? A George Soros. Fin qui,tuttavia,è ordinaria amministrazione. Più stimolante è vedere chi siano i personaggi che ruotano attorno al Moas.

GIOVANE DI SUCCESSO

Chris Catrambrone

Chris Catrambrone, come ricostruito dai ricercatori della fondazione indipendente Gefira, ha lavorato per il Congresso degli Stati Uniti, dopo di che si è reinventato come investigatore assicurativo, lavorando in posticini tranquilli come Iraq e Afghanistan. A 25 anni ha fondato Tangiers Group, gruppo di compagnie specializzato in «assicurazioni, assistenza in situazioni d’emergenza» e «servizi di intelligence». Tangiers lavora in una cin-quantina di Paesi, zone di guerra comprese. Deve fruttare bene, perché Catrambone è diventato milionario e ha deciso, nel 2013, di fondare il Moas. Tra i suoi consulenti c’è un signore piuttosto conosciuto. Si tratta di Robert Young Pelton. Costui è il proprietario di Dpx, un’azienda che produce coltelli utilizzabili in «zone di conflitto». Coltelli da guerra, per intendersi.

OTTIMI RAPPORTI
Sul sito della ditta si legge che i coltellacci sono stati testati sul campo in Afghanistan, Somalia, Iraq e Birmania. Il signor Pelton, in sostanza, fa da consulente per un’organizzazione che si occupa di soccorrere persone in fuga dalle guerre; poi però produce coltelli che si possono usare nelle guerre suddette. Di più: Pelton (che lavora anche come giornalista freelance per il sito da lui fondato Migrant Report) per un certo periodo è stato socio in affari di un altro bel tipetto: Erik Prince. Cioè il capoccia di Blackwater, una delle più celebri società di contractors al mondo. Una blackwater-xe-academi-logoscompagnia militare privata che ha operato in Iraq per conto degli Stati Uniti. Insomma, il quadro non è che sia proprio incoraggiante. Tra le Ong che agiscono nelle nostre acque, praticamente tutte straniere, ce ne sono quattro tedesche, tre in qualche modo supportate da George Soros e una con sede a Malta attorno a cui ruotano personaggi piuttosto abituati agli scenari di guerra. Non è che l’impressione sia esattamente quella di aver a che fare con una banda di samaritani.

L’AUDIZIONE
Abbiamo spiegato nei giorni scorsi come l’immigrazione possa essere considerata a tutti gli effetti una arma di distruzione di massa. Ecco, queste sono le persone che maneggiano quell’arma, decidendo di puntarla verso il nostro Paese. Ogni giorno, costoro accompagnano qui da noi centinaia se non migliaia di stranieri, che poi dobbiamo accogliere e mantenere. Credete davvero che a muovere tutto questo meccanismo sia la solidarietà? Comunque sia, della pratica si sta occupando anche il nostro Parlamento. Pochi giorni orsono, su richiesta di Maurizio Gasparri, Paolo Romani e Bruno Alicata di Forza Italia, il presidente della commissione Difesa del Senato Nicola Latorre ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva sulle attività delle Ong nel Mediterraneo. Il 6 aprile di fronte alla commissione comparirà l’ammiraglio Enrico Credendino, comandante della missione Eunavfor Med, cioè l’operazione navale voluta dall’Europa nel Mare Nostrum. Poi dovrebbe toccare ai vertici delle varie organizzazioni. Resta da vedere se si prenderanno la briga di rendere conto al popolo italiano. Non sono tenute a farlo, ma sarebbe almeno cortese, da parte loro, che ci spiegassero perché continuano a portarci persone che poi dobbiamo ospitare a spese dei contribuenti.


Francesco Borgonovo (La Verità)