Le ONG umanitarie 1. Il complesso industriale dei diritti umani

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“La narrazione culturale classica appare del tutto innocente: miliardari caritatevoli, politici illuminati, società transnazionali, istituzioni pubbliche insieme a legioni di volontari lavorano insieme in nome della giustizia sociale per forgiare un mondo migliore,  aiutando i diseredati, difendendo i diritti umani contro genocidi e crimini contro l’umanità”.

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Articolo tratto da LA STAMPA del 07/05/2017

Non sappiamo se vi sia stata o meno collusione con scafisti o trafficanti di profughi da parte di qualche Ong. Scoprilo e sanzionarlp spetterà alla magistratura e soprattutto alla politica, magari con l’aiuto dell’intelligence e di Frontex – dai quali sembrano provenire le intercettazioni di cui si parla. 

Frontex già a fine 2016 aveva segnalato preoccupazioni su alcune Ong ( qui dal FT e qui), dopo che il sito GEFIRA aveva monitorato ivimenti di navi di Ong umanitarie che si avvicinavano molto alle coste libiche e sgnalato contatti sospetti cona terraferma (qui il post e video).  

Se l’operazione Mare Nostrum fosse continuata, estesa ad altri Stati europei, invece di delegare compiti forse eccessivi a Ong, senza regole certe né finanziamenti trasparenti, tanti problemi si sarebbero potuti evitare. Ma si sa, su immigrazione e rifugiati l’UE è assente. 

Qui tuttavia vogliamo solo tentare di far luce in generale sulle Ong umanitarie, quanto meno le più importanti, che negli anni hanno acquisito un nuovo ruolo di prolungamento delle politiche delle democrazie occidentali: sorta di PR, casse di risonanza, con l’aiuto dei media,  delle narrazioni che ne supportano la geopolitica e  sempre più legate ad istituzioni e governi – in testa quello americano – da loro finanziate insieme a privati e filantropi apparentemente disinteressati. Parte integrante del cosiddetto Soft power o Smart power.  

 Un intreccio dove un posto non di poco rilievo gioca il controverso finanziere George Soros con la sua Open Society Foundations , campione della Società Aperta globalizzata, che di Ong ne finanzia a centinaia e il cui interesse anche nella politica globale di migranti e rifugiati è lui stesso a spiegare come vedremo in un post successivo.  

L’incontro recente fra Soros e il presidente del Consiglio Gentiloni a palazzo Chigi, non sappiamo chiesto da l’uno o dall’altro, potrebbe costituire una ulteriore conferma. Di tutto questo si parla assai poco nel circuito mediatico mainstream.  

“La narrazione culturale classica appare del tutto innocente: miliardari caritatevoli, politici illuminati, società transnazionali, istituzioni pubbliche insieme a legioni di volontari lavorano insieme in nome della giustizia sociale per forgiare un mondo migliore,  aiutando i diseredati, difendendo i diritti umani contro genocidi e crimini contro l’umanità”.  

Una retorica cara specialmente alla sinistra democratica che ad un esame più approfondito presenta varie falle.  

Lo scriveva qualche mese fa un post intitolato Smart power & The Human Rights Industrial Complex,   allusione al cosiddetto complesso militar-industriale a cui finiscono per far gioco – consapevolmente o meno – tante Ong, a partire da alcune delle più note come Amnesty International e Human Wight Watch (HRW), dove i conflitti di interesse e intrecci finanziari e politici appaiono palesi.  

E lo  testimoniava anche un post francese che già nel 2010 prendeva di mira tre Ong (di nuovo Amnesty, HRW più FIDH- International Federation for Human Rights) in relazione agli interventi di Parigi in Mali, in un post intitolato Guerre de l’information. Au dessous del ONG, une vérité cachée.  

L’autore del primo post è Patrick Henningsen, scrittore e giornalista investigativo, fondatore  di 21st Century Wire –  sito associato all’alternativo Inforwars , scrive il Guardian,  e collaboratore di Russia Today   (il post è stato comunque rilanciato da un sito britannico e da Global Research).  

LA MUTAZIONE NEL XXI SECOLO  

“Sebbene tutte le Ong umanitarie si presentino come neutrali e non partigiane, la realtà è spesso diversa …. “Un aspetto difficile nell’analizzarle è che nella maggior parte di esse lavorano individui ottimi, ben educati, grandi lavoratori, molti dei quali sono spinti da vero altruismo e dalle migliori intenzioni. Per lo più sono inconsapevoli o disinteressati a chi finanzia le loro organizzazioni e cosa significhino tali legami finanziari per quanto concerne aspetti geopolitici o conflitti militari.” 

 “E’ certo vero che negli anni campagne sincere e dedicate hanno aiutato a liberare individui ingiustamente imprigionati e ottenuto processi e giustizia. Come è vero che molte organizzazioni hanno contribuito a prendere coscienza su molti importanti temi sociali e ambientali”. 

 Ma “a causa dell’accresciuto finanziamento da parte di interessi corporatee a legami diretti con governi e think tanks politici negli anni recenti queste organizzazioni sono diventate sempre più politicizzate e più strettamente connesse agli ‘agenti di influenza’ occidentali.   Col risultato che queste organizzazioni per i ‘diritti umani’ rischiano di contribuire ai problemi che credono di voler eliminare, attraverso la loro spesso involontaria ‘complicità’ nel sostenere obiettivi di politica estera di Washington, Londra, Parigi e Bruxelles” .“Il problema è sistemico e istituzionale”.

“Quello che nel XX secolo era una sorta di appendice di un emergente movimento progressista internazionale si è rapidamente espanso nel XXI secolo come un ‘terzo settore’ internazionalizzato multi-miliardario supportato da alcune delle corporations transnazionali leader nel mondo. Un impressionante labirinto, guidato da organizzazioni come Amnesty,   e HRW.  Ciascuna di queste organizzazioni ha legami diretti con governi centrali e, forse più sorprendentemente, collegamenti che conducono al cuore del [cosiddetto]complesso militar-industriale. Di qui l’espressione “Complesso industriale dei diritti umani”.  

Fa eco il post francese citato: “Infiltrate da rappresentanti governativi, prendendo parte a certi conflitti e ignorandone altri: in filigrana si disegnano i c ontorni di una strategia che è il riflesso della politica dei dipartimenti di affari esteri. Certi governi, come quello degli Stati Uniti del resto non si nascondono questa strumentalizzazione delle Ong ‘non governative’. L’ex segretario di Stato Colin Powell in un discorso indirizzato alle Ong all’inizio dell’Operazione Enduring Freedom  (l’invasione dell’Afghanistan) nell’ottobre 2001, anno cruciale,  dichiarava: ‘Le Ong sono un moltiplicatore di forza per noi, una parte estremamente importante della nostra squadra combattente’ ” .  

Una dichiarazione, quella di Powell,   che si può accostare a quella, molto citata dai siti alternativi, dell’ex comandate Nato Gen. Wesley Clark che sei anni dopo, in un discorso pubblico, citava una conversazione al Pentagono proprio del 2001 e un memo del Segretario alla Difesa secondo il quale nei successivi 5 anni gli Usa avrebbero attaccato e distrutto i governi di 7 paesi : Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan, Iran. En passant sia il Generale Clark che Soros figurano nel board of trustees dell’ International Crisis Group.
 

ESEMPI di allineamento.  

Il post francese punta il dito su report di Amnesty e HRW che hanno denunciato uccisioni e nefandezze da parte di truppe del Mali, di fatto accusando anche gli alleati  Francesi di quelle milizie, con lo scopo di allontanarli da quel territori, si affermava, per lasciare campo libero a interventi di altri (leggi US/Nato).

Nel 2012  il ‘caso Kony’.  Da un video presto virale negli Usa che accusava Joseph Kony, leader della Lords Resistance Army prende il via una campagna mediatica sulla necessità di un intervento occidentale per salvare bambini africani in pericolo. A promuovere la campagna è la Ong Invisible Children, che raccoglie finanziamenti anche nelle scuole. Kony in realtà non lo si vedeva in giro da anni. Ma Obama ha la scusa per dispiegare militari in Uganda ed espandere l’Africom.  

Sempre nel 2012 è Amnesty a lanciare la campagna Diritti umani per le donne in Afghanistan dove è in corso l’intervento  Usa /Nato. “ Keep the progress going”,   è lo slogan che accompagna immagini di donne in burqa azzurro. E’ la prima ‘guerra femminista’, ma nessuno scandalo fanno le 9000 vittime, molte civili (poi cresciute di numero).  

Nel 2011 un report su soldati Libici ‘drogati dal Viagra’ che violentavano le donne – rivelatosi fake – sembra validare la propaganda sulle ‘atrocità delle milizie di Gheddafi contribuendo a sollecitare l’intervento ‘umanitario’ Nato in Libia . La richiesta della no fly zone permette di bombardare l’esercito libico e far fuori il raiss.  

Report dimostratisi fake ce ne erano già stati in Iraq – militari di Saddam avrebbero rubato incubatrici dal Kuwait lasciando morire neonati, testimonianza di un dottore della Mezzaluna Rossa ‘verificata’ da  Amnesty; l’uranio yellow cake arrivato in Iraq per sviluppare le armi di distruzione di massa. E in Siria: il rapimento di un giornalista NBC da parte dei miliziani pro-Assad, liberato dai ‘moderati’ del Free Syrian Army;  le ‘barrel bombs’ sganciate a Kobane, col direttore di HRW Ken Roth che ha twittat immagini in realtà riferite a Gaza.  Tutti falsi.  

L’attacco al sarin di Damasco nel 2013 venne attribuito anche quello ad Assad, come riferito da HRW alla CBS. Accuse in seguito contestato da molte fonti autorevoli che hanno  invece accsato i ‘ribelli’.  Il sarin – l’avrebbe loro fornito la stessa Hillary Clinton allora titolare degli Esteri per incastrare Assad, ha scritto il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersch in un post tradotto da vocidall’estero. Probabili fake anche i video impressionanti e le foto prese altrove.  

La Siria dove la guerra perdura  è una miniera di report, e di fake. 

Il ‘caso Caesar’, esploso due giorni prima dell’inizio di colloqui di pace in Svizzera, dal nome in codice di un presunto fotografo siriano che avrebbe documentato con 55.000 foto torture ed esecuzioni su scala industriale di detenuti da parte di Assad. ‘Verificate’ da HRW, metà si rivelano foto di soldati morti sul campo. Dubbi sulle altre, c’era di mezzo la CIA.  

Il report di Amnesty sulle atrocità compiute dalle milizie governative, con accuse di violazione della legge internazionale sui diritti umani e crimini contro l’umanità . Un post documentatissimo di Tim Hayward, docente all’università di Edimburgo e direttore di Ethic Forum e Just  World Institute fa le bucce ai metodi adottati da Amnesty , che non soddisfano i loro stessi criteri.

Il medesimo autore in un altro post punta il dito su Médicins Sans Frontières che in un report   ha accusato il solito Assad di aver bombardato ospedali e civili. In realtà MSF non era sul campo – si trovava fra i ribelli da loro protetta – e si è basata sulla testimonianza dei White Helmets.  

 Gli stessi Caschi Bianchi sono la fonte della notizia del recente attacco chimico (al sarin? al cloro?) ad Idlib. News divulgata per primo dal Syrian Observatory on Human Rights  e poi da tutti i media, compresi i nostri, a base di foto e video fake  ad opera dei White Helmets, come  confermano medici di una Ong svedese.  

Del resto le principali Ong umanitarie, che già nei ’90 avevano appogiato la partizione dell’ex Jugoslavia, sostengono apertamente il regime change in Siria come in Libia, Ucraina e Yemen. In Siria presentando subito il conflitto come ‘guerra civile’, Ong umanitarie e media hanno fatto la loro parte nel divulgare un’importante narrazione della politica estera occidentale che ha impedito di conoscere la realtà, molto più complessa, e le complicità di Usa, Turchia e alleati.

FINANZIAMENTI  

Follow the money, scrive Henningsen, secondo il quale molte di queste entità ricevono grandi quantità di finanziamenti dalle stesse fonti, corporations transnazionali.  Quali? Un elenco dettagliato dei donatori in realtà non esiste,  e il finanziamento delle varie ONG è da sempre opaco, come denuncia anche il post francese.  Vale anche per le maggiori, Amnesty Intl , HRW e la stessa FIDH, la più antica. Malgrado la loro fama e i riconoscimenti da parte di ONU, Unesco, Europa. E vale anche per Médécins Sans FrontièresSave the Children ecc.

Fra i privati ai nostri post non  resta che segnalare il ruolo di finanziatore di George Soros. Sia Amnesty Intl sia HRW hanno ricevuto ciascuna  $100 milioni, riferiscono i due post pur . L’impegno di Soros a versarli a HRW  è del 2010 ( vedi anche qui).

Il molto discusso finanziere di origine ungherese, che nel 1992 atterò sterlina e lira con le sue speculazioni causando perdite ingenti ai due governi, e in Francia è stato addirittura processato per insider trading ai danni di SociétéGénerale, è molto più di un semplice donatore. Attraverso la sua Open Society Foundations sostiene una rete di centinaia di ONG che operano negli Usa e in tutto il mondo coprendo un enorme spettro di attività e obiettivi spesso apertamente politici.   Lo vedremo più avanti.  

Più trasparenti, abbiamo verificato, sono i finanziamenti pubblici alle organizzazioni umanitarie, monitorati da Globan Humanitarian Assistance – GHA che pubblica ogni anno un rapporto. Ma complessivo, senza citare alcuna Ong in particolare.  

Dal rapporto del 2015 si apprende che l’assistenza umanitaria nel mondo nel 2014  ha potuto usufruire di ben $24.5 miliardi, in crescita sull’anno precedente. Il 2013 è stato un anno di grandi trasferimenti di persone da Medio Oriente e Africa (12.3 milioni di profughi dal M.O., più degli 11.8 mil dal Sud Sahara), a ciò viene attribuita la crescita altissima di donazioni da parte di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti -UAE, diventati il 6° e il 15° donatore (+219% e + 317% rispettivamente. Che è una notizia.  

Chissà se il recente protagonismo dell’Arabia Saudita è da mettere in relazione con la sua elezione nel prestigioso Human Rights Council  dell’ONU (UNHRC), attraverso una negoziazione col Regno Unito, entrato nell’organismo internazionale insieme all’Arabia che poi ne ha addirittura conquistato la presidenza. Con un passaggio di soldi e favori fra i due Stati, ha raccontato il Guardian che parlava anche di una donazione araba di $1 milione all’UNHRC.  Molto recentemente l’Arabia Saudita, dove alle donne velatissime è persino vietato guidare l’auto, è diventata membro anche della Commissione ONU per i Diritti delle Donne, suscitando ovunque ilarità e sdegno.  

Nella mappa interattiva  del GHA con i contributi di tutti gli stati e dell’UE, svettano gli Usa, con $6 miliardi. Molto staccati gli europei, a parte GB ($2,3mld) che versa quanto le istituzioni UE e Germania ($1.2mld). Seguono i paesi nordici. L’Italia con i suoi miseri $378 milioni, è quasi alla pari dell’UAE , ma la Francia è a quota $472 mil, la Spagna si ferma a $220 mil. 

Si precisa inoltre che di tali finanziamenti, soltanto lo 0,2% va a finire a Ong locali e il 3.1% a governi di stati ‘bisognosi’.  

Il rapporto poi, pur molto ampio, si riferisce soltanto a finanziamenti pubblici in generale, non alle istituzioni di ciascun paese.

La FIDH per esempio, la più antica Ong internazionale che difende tutti i diritti, umani, civili, politici, economici, sociali, culturali e tiene insieme qualcosa come 178 organizzazioni di 120 paesi, riceve fondi dal Dipartimento di Stato Usa attraverso il NEDNational Endowment for Democracy, organizzazione bipartisan nata nel 1983 per ‘promuovere la democrazia nel mondo’ finanziata dal Congresso.

Quanto a Médécins Sans Frontières, secondo un rapporto del GHA citato nel 2010 da Libération intitolato “Finanziamenti privati: una tendenza emergente negli aiuti umanitari, quell’anno figurava al secondo posto delle più importanti Ong umanitarie in termini finanziari, con $1 miliardo di donazioni   ricevute. Fondi che superavano quelli degli aiuti del Regno Unito. In generale i finanziamenti privati erano saliti dal 17% nel 2006 al 32% nel 2010 ma per MSF rappresentavano il 90%. Chi fossero i donatori non viene detto.

Recentemente, riferisce nel 2016 Le Monde , MSF ha rifiutato €62 milioni da parte di istituzioni e paesi UE perché non condivideva la linea che si oppone all’accoglienza dei profughi. Cruciale è stato l’accordo con la Turchia, fortemente criticato dalla Ong francese. Nel 2015 aveva ricevuto 19 milioni  dalle istituzioni UE e 37 milioni da undici stati dell’Unione, più 6.8 milioni dal governo Norvegese.  MSF rifiuta anche quelli per il suo lavoro con Frontex . 

MSF figura nella lista ufficiale dell’OSF delle Ong ‘partners’ della Open Society Institute  di George Soros.  Non è specificato quali partners ricevano anche finanziamenti.

 

LE PORTE GIREVOLI.  

“Non è un segreto che ve ne siano fra il Dipartimento di Stato e molte delle le principali Ong occidentali per i diritti umani” scrive Henningsen. Il caso più clamoroso è quello di Suzanne Nossel, una delle sostenitrici delle cause umanitarie di più alto profilo a Washington, transitata direttamente nel 2012 dal posto di vice Segretario per le Organizzazioni internazionali al Dipartimento di Stato, assistente personale di Hillary Clinton ministra degli Esteri,  alla poltrona di direttore esecutivo di Amnesty Intl -Usa. Già capo operativo di HRW, vice presidente per la strategia e le operazioni al Wall Street Journal e consulente per la comunicazione e i media per McKinsey & Co, membro e finanziatore del Council of Foreign Relations, di cui Nossel è senior fellow. Con la Clinton Nossel era responsabile per i diritti umani multilaterali (qui la sua bio), vicina ai ‘falchi’ Samantha Power e Susan Rice e al meno noto Atrocity Prevention Board, comitato inter-agenzie che comprende anche funzionari dell’intelligence.  

“Nossel  è stata un elemento chiave, rappresentando un ponte per aiutare a progettare  a livello internazionale la comunicazione politica americana attraverso la Ong Amnesty” .  A lei si deve l’invenzione dell’espressione “ Soft Power”–  il modo ‘dolce’ di imporre il potere contrapposto alla modalità ‘hard’, militare –   cavallo di battaglia  della presidenza Obama.   ‘Washington deve offrire una leadership assertiva – diplomatica, economica e non ultima, militare – per portare avanti uno spettro di obiettivi: autodeterminazione, diritti umani, libero mercato, legalità, sviluppo economico e l’eliminazione di dittatori e armi di distruzione di massa’, ha scritto Nossel  a proposito dei compiti dei politici progressisti nel XXI secolo.  

Dopo Amnesty Nossel è diventata ed è tuttora direttore esecutivo del PEN America Center, la storica, influente associazione di scrittori e editori con diramazioni internazionali in 101 paesi. Scrittrice e blogger lei stessa, continua il suo attivismo per i diritti umani, sostenendo boicottaggi ad es dell’Iran o contro la partecipazione ai Giochi Europei, ‘consigliando’ agli Stati di fare altrettanto ( qui una bio di Nossel, qui un post sul doppio standard adottato).

Alle porte girevoli fra governo Usa e Human Wright Watch è dedicato un intero post di Countepunch (2014) in forma di lettera aperta al direttore Ken Roth (quello delle foto fake in Siria prese da Gaza, vedi sopra).  Per esempio Miguel Diaz, ex analista CIA cooptato nel board dei consulenti, poi tornato al Dipartimento di Stato come interlocutore fra intelligence ed esperti non governativi. Simile il percorso di Tom Malinowski, già direttore di HRW- Washington. E che dire di Mr Steinberg, passato da HRW alla poltrona di assistente di Samatha Power, ambasciatrice Usa all’ONU e noto falco .  Sono solo alcuni casi, scrive Counterpunch, che racconta varie prese di posizione contraddittorie della ong, per es. sulle renditions – detenzioni lunghe senza processo sotto Obama sulle quali HRW ha taciuto dopo aver denunciato quelle di Bush.  O le denunce contro Cuba e il Venezuela, ma non delle atrocità ad Haiti dopo il colpo di stato promosso dagli Usa.  

Notevoli anche   gli intrecci politici di AVAAZ, Ong internazionale fondata nel 2007 da ResPublica e Move.on (l’Ong di azione politica online degli attivisti Dem che riceverebbe fondi direttamente da Soros) sotto l’ombrello dell’ OSF del magnate, i cui fondatori hanno avuto tutti relazioni con ONU e Banca Mondiale, scrive Henningsen.   AVAAZ, che vanta 7 milioni di membri nel mondo e nel 2009 ha dichiarato di ricevere solo microdonazioni da simpatizzanti, opera con la società di PR Purpose , orientata al business; insieme usano i social media per campagne politiche ‘dal basso’ che preparano il terreno per programmi del FMI o della Nato, come sanzioni o interventi militari (vedi anche qui un post italiano). 

AVAAZ – secondo GEFIRA – avrebbe donato $500.000 al MOAS – Migrants Offshore Aid Station, l’Ong maltese fondata nel 2014 dalla coppia italo-americana Catrambone ale centro delle polemiche di oggi sui salvataggi di migranti dalla Libia.

A ricevere sostegno sostanziale dal Foreign Office britannico, oltre che fondi dalla UE , è il discusso SOHR – Syrian Observatory for Human Rights, distintosi nel fornire spesso informazioni ai media sulle presunte atrocità commesse dall’esercito regolare siriano (vedi sopra : era anche la fonte delle notizie sull’ultimo attacco chimico a Idlib.) Nata nel 2006, SOHR in realtà fa capo a un unico individuo, un siriano dissidente  di nome Osama Ali Suleiman ma noto come Rahmi Abdul Rahman che vive a Londra in un mini-appartamento di Covent Garden. > Post successivo “ONG umanitarie (2).La rete di George Soros”

 

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