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Esterofilia

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[pullquote]…Prima di mitizzare qualcun altro, dovremmo conoscerne anche i “panni sporchi”[/pullquote]

Parliamone francamente: noi italiani abbiamo una tendenza spiccata a mitizzare gli altri. Siamo degli esterofili belli e buoni. Siamo molto bravi ad esaltare i nostri difetti e, allo stesso tempo, i pregi altrui. Sentiamo spesso pronunciare frasi del tipo “faremmo meglio ad essere governati da altri”. E tra questi altri, in cima alla lista, ci sono i tedeschi. A mio avviso si tratta di uno dei luoghi comuni più gravi (ve ne sono di ben più innocui) che rischia di condizionare profondamente il futuro del nostro Paese, dei nostri cari, dei nostri figli. Il punto è che non siamo esterofili per scelta ma, molto semplicemente, perché così ci hanno insegnato.

Il programma scolastico su cui si è formata la generazione del baby boom economico, quella nata dopo/a cavallo con la Seconda Guerra mondiale non prevedeva parole come “patria”, “patriottismo”, ecc. Vocaboli scomparsi dopo la triste parentesi fascista. Il desiderio di catarsi da quella pagina nera della storia italiana è stato talmente forte che non solo – e giustamente – sono stati inseriti nella Costituzione due articoli sul fascismo, ma anche (e questo è l’aspetto meno conosciuto ma per certi versi più eclatante) non sono stati inseriti nei libri di testo vocaboli che richiamano il concetto di patriottismo . Quasi per paura che questi potessero fomentare la nascita di nuove ideologie totalitarie e non democratiche.

Vi siete mai chiesti perché in pochissimi conoscono l’inno nazionale? La ragione è sempre la stessa: il senso di patria non ci è stato insegnato. E questo vuoto inconscio viene colmato oggi dall’esaltazione dei pregi degli altri Paesi, dimenticandone o misconoscendone i difetti. Estremizzando un po’ il concetto, ci troviamo nella stessa condizione in cui si trova un figlio che non ha un genitore e prende a modello qualcun altro dall’esterno.

E poi, francamente, prima di mitizzare qualcun altro, dovremmo conoscerne anche i “panni sporchi”. Nell’esempio dei tedeschi – che compaiono nei desiderata degli italiani al primo posto fra quelli a cui esternalizzare la gestione dell’esecutivo probabilmente perché effettivamente hanno il pregio di essere più rigorosi e metodici di noi – di panni sporchi ce ne sono parecchi. Ne conto solo qualcuno:

a) Violano da anni ripetutamente le regole europee sul surplus economico che prevedono che un Paese non possa avere nella media a 3 anni un surplus superiore al 6% del Pil. Ormai siamo al record dell’8,5% e, a quanto pare, non hanno alcuna intenzione di rispettare questo paletto, seppur nato tardivamente e solo nel 2010 quando la frittata era fatta, europeo. Un paletto non da poco considerato che in questo momento i Paesi dell’area euro stanno affrontando una delle più grandi crisi economiche della storia, causata principalmente da squilibri commerciali. E questi squilibri continueranno ad ampliarsi se la Germania non decide di rispettare la regola del surplus. E’ molto probabile che nei prossimi mesi/anni saranno gli Stati Uniti a costringerli a rigare dritto perché il surplus eccessivo tedesco distrugge l’Europa e agli Stati Uniti non fa comodo avere un partner così importante fortemente indebolito (p.s. come mai Renzi nell’incontro di ieri con la Merkel non ha menzionato questo “dettaglio” sul surplus? Avrebbe fatto un favore a tutti e, politicamente, a se stesso);

b) i tedeschi hanno un eccesso di surplus non solo perché sono bravi. L’aspetto più significativo che permette di reiterare anni su anni di surplus da record è dettato dal fatto che, tramite l’euro, operano una svalutazione competitiva a tempo indeterminato. Se avessero la loro valuta, quella che effettivamente rispecchia i propri fondamentali economici e il livello di produttività, farebbero surplus il primo anno ma già dal successivo ne farebbero molto meno e sempre meno negli anni dopo perché, molto semplicemente, quando un Paese esporta tanto vede anche rivalutarsi la propria valuta perché non esporta solo beni e servizi ma anche la propria valuta che serve per comprare quei beni e servizi, valuta che di conseguenza si rivaluta secondo la prima legge dell’economia: domanda e offerta. Quindi a partire dal secondo anno i prodotti tedeschi costerebbero di più all’estero (per effetto della rivalutazione del cambio) e sarebbero via via meno attraenti e “competitivi”. Non bisogna mai dimenticare questo punto: la Germania vanta lo status di Paese che pratica una svalutazione competitiva a tempo indeterminato;

c) quanto a integrità intellettuale e morale i panni sporchi non mancano. Pensate solo per un istante se il “dieselgate” fosse scoppiato in Italia quale sarebbe stata la reazione degli italiani contro se stessi. Senza dimenticare l’ultima indagine nei confronti di Deutsche Bank, accusata di aver venduto in maniera anomala 7 miliardi di titoli di Stato italiani nel 2011. O la multa record inflitta alla Siemens nel 2008 (800 milioni di dollari) per corruzione.

Con tutto ciò non voglio dire che noi italiani siamo perfetti o migliori. Abbiamo anche noi i nostri panni sporchi, come tutti (sprechi, spesa pubblica improduttiva, ecc.). Ma vorrei ricordare, ad esempio, parlando del tanto criticato debito pubblico, il primo additato nei discorsi al bar degli italiani a cui piace auto-punirsi, che:

a) è 25 punti più alto (quindi non così tanto) di quello di Francia e Stati Uniti;

b) ma cos’è il debito pubblico? E’ il credito privato. Non a caso in Italia c’è un alto tasso di risparmio e un più basso livello di debito privato (compensato dal debito pubblico, cioè credito privato);

c) il debito pubblico non va estinto ma deve essere semplicemente sostenibile (quella del neonato che nasce con 35mila euro di debito è una favola)

Il punto è che non abbiamo, perché non ci è stato insegnato, il senso di patria. E abbiamo bisogno di credere che ci sia da qualche parte qualcuno migliore di noi, una guida per colmare un vuoto psicologico di massa. Ma è il momento, da adesso, di fare un salto da questo punto di vista. Non vale sentirsi italiani solo quando gioca la nazionale di calcio. Ma tutti i giorni ricordando e apprezzando i nostri pregi. Partendo da questi per migliorare i nostri difetti. Mitizzare un Paese perfetto là fuori che non esiste non ci servirà a nulla. Per sentirci più europei, dovremo prima sentirci più italiani.

Perché siamo esterofili (e non ci serve a niente)