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Lettera di un consigliere comunale a Casaleggio

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Sono un consigliere comunale del MoVimento5Stelle,

uno di quelli che hanno colto l’invito di Beppe Grillo a: “rischiare qualcosa di proprio”.  Ho messo in gioco il mio tempo, la mia professione, la mia vita. Per i prossimi cinque anni e per sempre. Quando l’impegno sarà terminato, sarò un po’ più vecchio e verosimilmente con meno opportunità. Nel frattempo avrò compromesso quel poco che avevo costruito, ed avrò percepito qualche centinaio di euro al mese di gettone di presenza. Forse. Se il comune disporrà delle risorse necessarie per pagarmeli, perché oggi neppure questo pare più scontato. Forse sarò anche riuscito a dare il mio contributo per cambiare un po’ in nostro Paese. E questo mi permetterà di guardarmi allo specchio senza problemi.

Voglio subito mettere in chiaro lo scopo di queste righe. Dopo un doveroso ringraziamento per quanto di buono fin qui costruito, che non è poco. E’ molto. Voglio dirti questo, dal profondo del cuore. Vaffanculo. Vaffanculo a te ed ai tuoi deliri.

Premesso questo, ti illustro alcune delle ragioni per l’invito che ti ho appena rivolto. E prendo come spunto solo il recente comunicato politico numero 45.

Capisco e condivido la preoccupazione circa l’eventualità che il MoVimento si trasformi in partito. Non condivido affatto gran parte degli strumenti e dei metodi fino a qui utilizzati per evitare che questo accada, i cui tratti principali sono presenti nel comunicato stesso.

Primo. La selezione dei candidati.

L’avete già presa in culo con Luigi de Magistris e Sonia Alfano.  Aforisma popolare applicabile: “Nella testa non entra e nel culo va largo”. Il principio che chiunque possa candidarsi è sacrosanto.

Le elezioni comunali e regionali dimostrano che questo è il processo cardine. Sbagli i candidati, ed il danno te lo porti dietro per anni. Inverti i criteri di selezione della classe politica ed avrai rivoluzionato il Paese.

Non esiste un metodo infallibile. Tuttavia, nessun metodo, porta sicuramente a degli effetti gravi. Il metodo che è stato utilizzato un po’ in tutta Italia è quello della partecipazione, ossia, ancora una volta, metti in gioco qualcosa di tuo. Fallo e sarai candidabile. Ritrovati assieme ad altri a fare qualcosa per il MoVimento e per la comunità. Potrai essere valutato, misurato e candidato da chi con te lavora.

Ora, semplicemente ignorare che questo sia accaduto, è un atto di pura idiozia oltre che di prepotenza, ed offensivo nei confronti delle migliaia di persone che, come richiesto, hanno messo qualcosa di loro. Prima regola del management: “Se non sai come fare, chiedi aiuto”. Se non sei in grado di elaborare un processo di selezione dei candidati accettabile, chiedi aiuto. Ma non procedere ciecamente come nulla fosse accaduto fino ad oggi. Non è così.

Secondo. I filtri rispetto alle candidature.

Sono un dirigente di un partito tradizionale. Chiedo ai miei tesserati di iscriversi al Blog. Spingo su un mio uomo e lo faccio diventare un candidato del MoVimento. Le migliaia di simpatizzanti e di attivisti di cui sopra, voteranno per un candidato di un partito tradizionale.

A livello locale questo rischio è stato mitigato con una semplice contromisura, facendo leva sulle conoscenze interpersonali. Non poteva accadere, almeno non diffusamente, che un uomo di un altro partito diventasse un candidato del MoVimento. Dal monitor del tuo computer come pensi di risolvere questo problema? Ed anche se te ne accorgessi, con quale criterio poi potresti rifiutare una candidatura? Perché il candidato ti sta sui coglioni?

Terzo. La sicurezza del voto elettronico.

Chiunque desideri dilettarsi in attacchi alla piattaforma in uso, e disponga delle necessarie competenze (e là fuori è pieno di hacker pronti a vendere i loro servizi) può divertirsi un mondo nel variare i risultati del voto online a piacimento. Ma a parte questo. Perché migliaia di persone che aspirano a cambiare il proprio Paese dovrebbero fare affidamento su pochi individui dipendenti di una società privata? Qui si sta lavorando per il futuro, che passa attraverso i sacrifici di tanti attivisti. Non è più un diletto di pochi.

Quarto. I criteri di ammissibilità.

“… o non abbia esercitato due mandati, anche se interrotti.” Per quanto ne sappia io, Giovanni Favia è l’unico attivista di spicco in queste condizioni. Pochi mesi di amministrazione comunale, attualmente consigliere regionale. Non potrà candidarsi. Ora Giovanni Favia potrà stare sui coglioni a parecchia gente. A me personalmente non è mai stato simpatico. Ma da qui ad affinare un principio a suo sfavore, buon senso vorrebbe che ne passasse.

Chi si è trovato ad organizzare una, due oppure tre elezioni in sequenza stretta, sa perfettamente che le risorse umane di qualità sono limitate. E non perché si cerchino individui con caratteristiche al di fuori della norma. Ma perché, dato un gruppo di possibili candidati, si cerca sempre di premiare il merito, la competenza, l’impegno ed altro. Principi che sosteniamo da anni e che dobbiamo applicare innanzitutto al nostro interno.

Ora può bene verificarsi che un candidato “consumi” due mandati in pochi mesi. Un comune è commissariato, un governo cade. Magari è pure una persona valida. E noi ce ne priviamo per quale ragione logica? Non sarebbe più opportuno utilizzare il vincolo di due mandati come semplice linea guida ed invece i dieci anni di ruolo istituzionale come limite massimo? Oppure ci piace proprio darci le clavate sui coglioni alla Tafazzi?

Ma soprattutto, chi cazzo sei tu per fissare, di fatto, un nuovo vincolo – o una sua variante – senza chiedere il parere di almeno alcune delle migliaia di persone che compiono sacrifici da anni?

Quinto. Lo stipendio dei deputati e dei senatori del MoVimento

Non spetta a te deciderlo. Spetta al MoVimento ed anche a te in qualità di singolo – oppure uno vale uno solo quando fa comodo?

Come è stato fatto per le elezioni regionali. E come è ragionevole farlo. Per esempio, dopo avere valutato gli stipendi dei necessari collaboratori, che andranno inquadrati con regolare contratto, finalmente. E magari serviranno diecimila oppure ventimila euro per questo. Chi di noi è impegnato nelle istituzioni, sa bene che serve aiuto. E che non sempre è possibile trovarne su base volontaria. E magari non è neppure giusto, oltre una certa misura. Dunque serve denaro per pagare queste persone. E già abbiamo rinunciato ai rimborsi elettorali. Le paghi tu?

Sesto. L’accettazione delle condizioni.

Serve un contratto fra due parti. Dove in mancanza del rispetto delle condizioni accettate, una parte ricorra in giudizio per sottrarre le risorse percepite in violazione del contratto. Con prelievo diretto nel conto corrente su cui vengono accreditati gli emolumenti. Chi è la controparte del candidato? Gianroberto Casaleggio? Non è forse giunto il momento di dotarsi di una struttura giuridica di supporto? Se, tocchiamoci i coglioni, Beppe Grillo dovesse subire un infarto e rendere l’anima a Cristo, perchè noi attivisti dovremmo sottostare al tuo diktat per potere avere in uso il marchio MoVimento5Stelle Beppegrillo.it?

Settimo. Il Non Gruppo Parlamentare ed i Non Portavoce.

Avere abusato di sostanze psicotrope in età giovanile non è un peccato dal quale non ci si possa mai redimere. Farne pagare le conseguenze a migliaia di persone è invece grave. Il regolamento parlamentare rende obbligatoria l’iscrizione ad un gruppo per ogni membro della Camera e del Senato. Gli eletti del MoVimento possono alternarsi per periodi di tempo prestabiliti di fronte ai media. E non serve chiamarli Non Portavoce. Non stai più divertendoti in solitario. Devi rendere conto di quello che scrivi a tutto il MoVimento. Smettila di scrivere troiate.

Ottavo. La Rete​.

La rete è uno strumento. E può certamente essere un obiettivo che, un giorno, venga usata da tutta la popolazione italiana. Già succede in altri stati nel mondo. Ma i risultati elettorali sono stati ottenuti perché dei volontari sono andati in mezzo alla gente, nelle piazze ed ovunque, mettendoci la loro faccia ed il loro impegno. E quindi con il contatto fisico con le persone, che nessuna tecnologia potrà mai sostituire. Questo è vero oggi, sarà vero domani ed anche nel 2013. E l’affermazione continua che vi sia una relazione causa-effetto fra la diffusione della rete ed i risultati elettorali, è un’altra controprova degli abusi giovanili di cui sopra.

Nono. I cittadini si fanno Stato.

Per questo, non è utile che ai partiti si sostituisca una Srl oppure una Spa con pochi soci. Fai un passo indietro ed aiuta a costruire una struttura organizzativa che possa realizzare, quanto più possibile fedelmente, i principi che tutti abbiamo condiviso ed accettato.

Decimo. Uomini e donne alla camera ed al senato.

Principio sacrosanto. Nella pratica, se mandi una persona comune senza preparazione alla camera, oppure al senato, sei un idiota. E quale può essere l’ambiente più formativo se non un consiglio comunale oppure regionale dove gli attivisti del MoVimento possono supportarti, aiutarti e controllarti? La formazione è irrinunciabile per non mandare dei perfetti incapaci nelle istituzioni centrali. Se scrivi simili idiozie è semplicemente perchè non hai partecipato a nulla di quanto è stato fatto negli ultimi tre anni dal MoVimento. E non hai neppure l’umiltà per ascoltare chi lo ha fatto.

Gianroberto Casaleggio, vaffanculo.

Un consigliere del MoVimento5Stelle.

P.S. Ti sfido. Ti sfido a mettere ai voti i dieci punti qui riportati fra gli attivisti del MoVimento. Fatti consegnare l’elenco degli attivisti da tutti i Meetup d’Italia che abbiamo partecipato alle elezioni. Fanne un elenco. Affidalo ad una società terza. Fai in modo tale che il voto sia assolutamente anonimo. Chiedi chi è d’accordo e chi è contro. Diffondi i risultati.

http://tizianafabro.ilcannocchiale.it/2011/08/19/un_consigliere_eletto_con_il_m.html

 

Le mail tra attivisti nel 2009 al tempo delle liste civiche

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Di seguito uno scambio di battute sul voto “online” durante il 2009, ultimo anno delle “liste civiche a 5 stelle” prima del debutto, alle regionali 2010, del M5S col logo e nome attuale.

Si discuteva di voto online, sullo scetticismo che c’era allora come oggi, sul fatto che il movimento aveva un sano attivismo ma anche un buon grado di retorica e di ideologia e di miti come quello della tecnologia, della diversità antropologica.

Si dicevano anche cosa del tipo… “Spesso quando si va a fondo su un argomento, si scopre di avere un gap ideologico. Questo del voto on-line è un esempio. Ma si vede la stessa cosa sulle materie che si conoscono come, per esempio, sul rapporto tra tecnologia ed efficienza energetica”.

Quindi… scriveva Giovanni:
Premetto che non è polemica, ma solo una osservazione. Tanti buoni propositi ma poi nella pratica si sono ripercorsi gli stessi schemi. Mi riferisco alla modalità di selezione dei candidati, alla scelta dei candidati a Sindaco ed alla composizione del progamma. Per le notizie che ho letto in rete, nessuno a usato il metodo delle primarie aperte per la scelta del candidato sindaco. Le motivazioni di questa scelta sono state qusi tutte identiche: paura. Paura di infiltrati, paura di perdere il controllo, paura del confronto aperto, paura della forza delle nostre idee. Ovvero paura che un confronto troppo aperto avrebbe potuto modificare gli “equilibri”.

Risponde Vittorio: La questione è molto importante, dunque vorrei chiarire meglio alcune cose. Premetto (sperando che non venga preso come un segno di presunzione) che io ho una competenza specifica piuttosto sviluppata sull’argomento  “democrazia web” (per usare il nome che ha usato Beppe) da ben prima di  entrare nel mondo dei meetup. Ancora durante gli studi universitari, ho  cominciato a partecipare alle discussioni globali sulla gestione di  Internet e poi sulla creazione di metodi democratici per il governo della globalizzazione e delle risorse comuni mondiali. Grazie a questo – dato che all’estero, se vali, ti riconoscono – ho cominciato a venire invitato a conferenze di vario genere, inclusi i summit delle Nazioni Unite sul tema, e sono stato nominato in varie posizioni di rilievo. Tra le altre cose, nel 2004 Kofi Annan mi ha nominato nel gruppo di lavoro che ha definito le strategie delle Nazioni Unite per la governance di  Internet (l’altro nome italiano che circolava era l’allora ministro Stanca, ma lui non lo vollero).

In particolare, nel 2000 sono stato uno dei candidati delle elezioni At Large di ICANN, ossia il primo esperimento di elezioni mondiali online per scegliere un certo numero di rappresentanti degli utenti della rete all’interno degli organismi che la governano. Furono una specie di primarie: chiunque poteva registrarsi online per votare (lo fecero in oltre 150.000 da tutto il mondo) e scegliere tra circa 200 candidati autonominatisi. Fu un esperimento bellissimo, ma anche un grande fallimento, tanto che non venne più ripetuto e che poi per vari anni discutemmo su opzioni alternative basate su un certo numero di livelli intermedi (tenete conto che a livello globale ci sono grossi problemi aggiuntivi derivanti dalle differenze linguistiche e culturali e dal digital divide). Perchè?

Per riassumere, il problema fondamentale è che per avere una elezione  democratica e significativa non basta dare un voto a ogni testa e ammettere chiunque come candidato. Ci sono altre condizioni: una è che l’elettorato partecipante sia effettivamente rappresentativo di chi ha il diritto di voto, mentre con numeri di partecipanti troppo ridotti prevale semplicemente chi è in grado di “mobilitare gli amici”. In quel caso, un po’ ovunque ma specialmente in Asia per via della loro cultura naturalmente gerarchica, i governi locali dei vari Paesi scelsero un “candidato ufficiale” e poi organizzarono campagne di stampa e persino concorsi a premi per convincere la gente a registrarsi e a votare per lui, senza nemmeno sapere esattamente per cosa si stesse votando; e naturalmente fu eletto il candidato ufficiale del governo cinese.

Un’altra condizione è che esista una informazione imparziale ma ben organizzata, o comunque qualche metodo per assicurare le persone sulle idee effettive dei vari candidati in un tempo ragionevole. Nelle primarie europee c’erano qualcosa come 50.000 elettori e quasi 100 candidati: solo pochissimi elettori molto motivati si presero la briga di leggere uno per uno i programmi dei 100 candidati; la maggior parte votò per quelli che stavano nella prima schermata o per il primo che trovava che veniva dalla propria nazione… Paradossalmente, l’esistenza di raggruppamenti (“liste” o “partiti”) o un limite al numero di candidati avrebbe aiutato molto, perché avrebbe ridotto il numero di opzioni da considerare e permesso agli elettori di fare una scelta razionale.

Infine ci furono problemi con la certificazione delle identità dei votanti; online è possibile crearsi un numero qualsiasi di false identità e con esse costruirsi pacchetti di voti per alterare il risultato. In quel caso si scelse il metodo della lettera: per verificare l’effettiva esistenza della persona che si era registrata online, si inviava una lettera con la password all’indirizzo fisico fornito. E’ un buon metodo, anche se presenta dei costi, ma anche così
sono possibili brogli di ogni genere… Non parliamo poi se (come sembrava ipotizzare Beppe) si adottasse la sola registrazione online con indirizzo di e-mail…

Dopodiché, il dopo fu anche peggio; le persone elette con questo sistema non avevano alcun legame con i loro elettori e si fecero sostanzialmente i fatti propri; al massimo avrebbero avuto interesse ad assumere posizioni demagogiche davanti a una “massa” indistinta, ma non avevano alcun rapporto diretto con rappresentanti di altro tipo (come le associazioni di utenti più piccole) o persone con il tempo e la voglia di stargli dietro.

Spero che questo vi abbia spiegato il perché della mia reazione un po’ allarmata, leggendo un annuncio dal quale traspare la possibilità che Beppe e i Casaleggio, per troppo entusiasmo verso il mezzo, facciano gli stessi errori che furono fatti a livello mondiale dieci anni fa e che ormai sono noti e studiati anche scientificamente. Io sono pienamente convinto che la democrazia diretta tramite Internet sia un obiettivo meraviglioso, ma attenzione, non è tutto oro quel che luccica; se la si fa in modo incauto, il risultato può essere anche peggiore di quello ottenibile con i vecchi sistemi.

Per questo non mi scandalizza che non si facciano tante primarie nel movimento (poi l’altro giorno le ho proposte io alla rete piemontese, anche se mi han subito cassato). Si possono fare primarie efficaci nel momento in cui si dispone di una base forte, certificata e identificata con sicurezza, informata, partecipe, conscia di ciò che si sta facendo e dell’effettivo valore delle varie opzioni in gioco (in questo l’idea di Beppe è buona, ma ci vorranno anni e varie azioni specifiche per assicurarsi che tutte queste condizioni siano verificate).

Una primaria giocattolo, con 50-100 votanti registrati un po’ a caso tra chi passa dal meetup, rischia di essere dannosissima, aperta a manipolazioni di ogni genere, non rappresentativa dei cittadini o foriera di un risultato sostanzialmente casuale – per non parlare del fatto che siamo tutti volontari e che un candidato molto popolare ma sgradito a quel gruppetto di attivisti che poi si deve fare il mazzo volontariamente in campagna elettorale difficilmente avrà successo, più facilmente provocherà spaccature e delusione e scarsi risultati per mancanza di convinzione tra gli attivi. A quel punto è meglio un candidato scelto dal gruppo che lavora, preparandosi poi ad allargare le cose per il futuro.

Io sarei ben contento di condividere le mie conoscenze in materia col resto del movimento e con lo staff di Beppe, ma non c’è stato assolutamente modo; e anche questo mi preoccupa un po’. Comunque, tutti noi che siamo sul territorio e abbiamo sperimentato dall’interno la “vita vera” di una lista civica abbiamo buoni suggerimenti su come organizzare le cose, che derivano dall’esperienza. Spero veramente che ci sarà occasione a breve di parlarne con Beppe.